Al riguardo di questo mi limito a due osservazioni finali. Nel nostro caso, appare prioritario verificare sperimentalmente su scala significativa istituzioni partecipative nell'impresa più «forti» di quelle finora attuate. Più «forti» significa diritti di consultazione più sistematici e tempestivi degli attuali; organismi specializzati stabili per gestirli, tempo e risorse messe a disposizione per formazione specialistica dei rappresentanti dei lavoratori; diritto ad interpellare esperti esterni; diritto a controllare documenti riservati delle aziende a condizioni determinate, precisando i necessari obblighi di riservatezza dei rappresentanti i.)JI. Bl.\~CO lx.li.ROSSO •h•#Oilii dei lavoratori; estensione dell'informazione/ consultazione a tutte le decisioni non solo dell'impresa singola, ma dei gruppi di imprese, che sono ormai la forma più significativa di organizzazione economica nazionale e transnazionale; previsione di vere e proprie forme di cogestione su certe materie, ad esempio formazione, modalità, sicurezza del lavoro, previdenza integrativa. Personalmente non vedo pregiudiziali ad ammettere un intervento legislativo a sostegno di queste ipotesi. Dubito solo che gli ostacoli esistenti ad ottenere risultati contrattuali, a mio avviso tuttora alquanto forti, siano superabili sul fronte politico parlamentare: l'attuale compagine di governo non appare fra le più adatte ad affrontare positivamente il tema. Una seconda esigenza è di raccordare le varie forme di partecipazione nel1'impresa in un disegno più ampio di democratizzazione economica. La concertazione sociale è una componente decisiva di questo quadro. E l'attuale contesto ne richiama l'urgenza, sia a livello nazionale sia a livello europeo, per controllare con largo consenso sociale e politico le grandi questioni di assetto produttivo e redistributivo aperte dal processo di unità europea. Uno sguardo sulle relazioni industrialiin Europa e ome è noto anche agli osservatori non specialisti, le relazioni industriali in Europa, all'inizio di questo decennio, mostrano minori difficoltà e maggiore consistenza nel confronto con i primi anni '80. Dette difficoltà andavano soprattutto riferite alla possibilità di mantenere la regolamentazione dell'impiego del lavoro dipendente con l'iniziativa dell'attore sindacato e con il concorso dello strumento legislativo. La ripresa, graduale ma abbastanza diffusa, delle relazioni industriali con l'impronta di tale iniziativa avviene a partire dalla seconda metà del passato decennio e, complessivamente, rimane attuale. Le ragioni della ripresa - che, intendiamoci, non ha avuto e non poteva avere le caratteristiche eccezionali del periodo compreso fra il '68 e il '73 - vanno attribuite a condizioni strutturali più favorevoli (crescita economica, gestione dell'inflazione e, per non podi Guido Baglioni chi paesi, del debito pubblico) ed al comportamento degli attori: gli imprenditori, con non poche eccezioni, non hanno fatto la scelta della rivincita dopo un lungo periodo di accumulazione di conquiste sindacali, i sindacati - certamente più nel Centro e nel Nord Europa che nei paesi dell'arco mediterraneo - hanno dimostrato una notevole capacità adattiva, sinteticamente esprimibile nel passaggio dalla logica delle rigidità a quella della flessibilità. L'evoluzione degli obiettivi e delle negoziazioni in tema di orario di lavoro mostra concretamente ed emblematicamente la portata di tale passaggio. Questo riferimento, accanto a numerosi altri qui omessi, ci indica come e quanto siano cambiati gli assetti delle relazioni industriali europee rispetto a periodi precedenti e, specie, rispetto agli anni '70. Esse, tuttavia, particolarmente in alcuni paesi (Germania, Svezia, Italia), non hanno subìto drastici e non contingenti tracolli, come è avvenuto negli Stati Uniti. In Europa, a differenza con gli Stati Uniti, i sindacati sono stati aiutati dal fatto di perseguire tendenzialmente una tutela ed una rappresentanza generalizzata del lavoro dipendente e, conseguentemente, dalla dimensione politica (in senso lato) dei loro obiettivi e dei loro rapporti con la sfera politico-istituzionale. Le relazioni industriali in Europa non hanno perduto le loro peculiarità rispetto ad un modello che sembra vincente e che costituisce un traguardo per molte componenti del mondo manageriale. Parlo del Giappone. Certamente l'esperienza giapponese ha influenzato (spesso più intenzionalmente che effettivamente) l'impronta decentrata delle relazioni industriali e negoziali, come è avvenuto con talune proposte padronali di partecipazione. Certamente questa esperienza va valutata con grande attenzione; ad esempio, su un tema
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