netaria non andranno tutte nella stessa direzione. La riduzione dell'incertezza sui tassi di cambio e sui tassi di inflazione, ad esempio, andrà a maggior beneficio delle regioni che hanno più sofferto di questi problemi nel passato. La Commissione europea ha assunto pubblicamente un punto di vista ottimista. L'esperienza della persistenza di antiche disparità regionali anche all'interno degli Stati membri suggerisce piuttosto lo scetticismo. L'opinione socialista è che è probabilmente necessaria una vigorosa politica regionale. Uno strumento di tale politica può essere l'attribuzione alla Comunità di un ruolo più attivo nella politica industriale, come hanno previsto le proposte sia del governo belga sia di quello francese. La sfida maggiore, tuttavia, probabilmente risiede nel dotare la comunità di adeguati strumenti finanzia- .Pl•· 1\1.\~CO \Xli. HOSSO 11 r#hld ri, come suggerito nella relazione del governo spagnolo alla conferenza intergovernativa. La dimensione della sfida è stata già individuata in un rapporto della Commissione sulle finanze comunitarie completato nel 1977, il rapporto Macdougall. Nel documento si stimava che per perseguire il grado di coesione regionale necessario all'integrazione monetaria dell'economia europea fosse necessario un aumento del bilancio comunitario da circa 1 % ( ora 1,3 %) a circa il 6-70/odel Pil della Comunità. Ciò indica probabilmente un obiettivo molto lontano, allorchè gli stessi Stati membri stanno riducendo i loro bilanci. Nella sessione plenaria di Strasburgo tenutasi a giugno il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione in cui ribadisce la sua posizione sull'Unione Economica e Monetaria, ed in cui avverte la Commissione e il Consiglio che il Parlamento non ratificherà proposte che divergono troppo dai principi di responsabilità democratica, con il pieno coinvolgimento del Parlamento, e di uno sviluppo equilibrato e parallelo delle ali economiche e monetarie dell'Unione Economica e Monetaria. La lotta su questi principi, da oggi alla fine del 1991, determinerà le regole del gioco del processo decisionale economico europeo alla fine del secolo ed oltre. I socialisti in tutta la Comunità devono sostenere la richiesta di un ruolo attivo e progressista della Comunità nella politica economica, teso a rendere la nostra sofisticata economia spinta dalle forze di mercato un po' meno padrona e un po' più al servizio della popolazione dell'Europa. Unità europea: la politica è in ritardo sulla storia A che punto è giunta la Conferenza intergovernativa sull'Unione politica? 1. Non è facile dare una risposta univoca a questa domanda e si possono individuare piuttosto dei sintomi dei problemi delle tendenze. Manca, infatti, allo stato, un punto di riferimento veramente unitario nel quadro di una forte diversificazione delle posizioni dei governi e di una vera e propria difficoltà a trovare il punto di mediazione e di equilibrio fra esse. Intanto il primo elemento sicuro è dato da un prolungamento dei tempi: è del tutto evidente che la conclusione non interverrà che al Vertice di Maestricht del prossimo dicembre. Ma quali saranno allora i risultati raggiunti? Il contrasto fra i governi che contano è su punti nodali: redi Biagio de Giovanni sta l'ostilità di fondo dell'Inghilterra, anche se essa oggi appare piuttosto paralizzata dalle tensioni interne sul problema e sostanzialmente incapace di dare un proprio contributo. L'uniéo sintomo interessante, da quella realtà, è dato da un possibile spostamento d'accento nella posizione dei «conservatori», ma di esso non si riescono ad intendere gli effettivi caratteri. Le potenze «continentali» sono fortemente divise: la Francia è alla testa di un gruppo di nazioni minori che mantiene viva la diffidenza verso ogni effettivo potere sovranazionale e tende a comprimere il potere dei Parlamenti - Parlamento europeo e Parlamenti nazionali - in una struttura mista e collaterale rispetto agli effettivi processi decisionali, una struttura unitaria pro- • - - -- - - - - JI babilmente paralizzata dal suo stesso carattere antagonistico. La Germania e l'Italia sono su posizioni di più netta ortodossia «federalista», appaiono più disponibili verso i poteri sovranazionali, più sensibili alle richieste di «codecisione» che provengono dal Parlamento europeo, ma anche nelle loro posizioni si stenta a vedere quale potrà essere la struttura istituzionale complessiva che risulterà infine da tutto questo processo. Giacché il punto essenziale è qui: si riuscirà a delineare una struttura effettivamente unica? O si andrà piuttosto verso una vera e propria frantumazione del sistema istituzionale tale da mettere l'una accanto all'altra differenti «comunità»? Quest'ultima appare nettamente come una linea di tendenza che può prevalere: avremo l'Unione
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==