Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 18/19 - lug./ago. 1991

_i)!J, 111.\~CO l.X11, nosso iiiiiilib questo non toglie che il Pds e il Psi possano discutere e decidere insieme dei problemi della governabilità del paese e di quelli che comporta il confronto-scontro con la Dc: se stare insieme all'opposizione, se avere atteggiamenti diversi ma concordati, se puntare insieme a governi di larga coalizione, pur se transitori, a tempo determinato, e per risolvere certi problemi. Quello che è sicuro - ripeto - è che, se si resta alla situazione di oggi, è la Dc a guadagnarne. Mi auguro che il Congresso di Bari del Psi dia un contributo positivo a questo discorso unitario. Nuove alleanze per l'alternativa riformista di Franco lacono L e recenti consultazioni elettorali hanno confermato, comprese quelle siciliane, che l'attuale maggioranza di governo è condizionata, se non addirittura determinata, dal risultato elettorale del Mezzogiorno. Non è necessario disaggregare molti dati per considerare che, soltanto per quel che riguarda la Dc ed il Psi, la sommatoria delle percentuali conseguita nel Mezzogiorno supera addirittura il 60% mentre la media nazionale complessiva è del 48%. Il risultato delle elezioni siciliane ha immesso solo qualche variante, determinata dalla presenza della Rete, che appare un fenomeno «locale», concentrato per lo più a Palermo, ma il dato consolidato è che i due maggiori partiti sono la Dc e il Psi, fra i quali è inevitabile, io dico auspicabile, che si giunga ad una conflittualità complessiva e strategica. Non che ora non ci sia conflittualità, ma è di basso profilo, roba di cucina, che si gioca sul terreno di una quotidianeità asfissiante, fondata sulla mera gestione. La verità è che il Psi compete con la Dc sullo stesso terreno, lasciando poche speranze a chi pone una domanda di cambiamento profondo. Ma l'analisi non può essere né superficiale né schematica. La posizione del Psi, che al momento sul piano del risultato numerico è pagante, è «obbligata» dalla domanda della società, compresa quella cosiddetta «civile», che determina il proprio consenso sulla base del mero scambio voto-favore. Chi, senza solide alleanze, si avventurasse su di un terreno diverso sarebbe relegato, probabilmente, ad un ruolo di testimonianza. Naturalmente nessuno si rassegna a questa che, al momento, sembra essere una evidenza, anche perché le astensioni, fra le.quali, probabilmente si nascondono i fermenti e le potenzialità più vive, continuano ad aumentare fino a raggiungere a Napoli-città la percentuale del 35%, ma la stessa registrata in Sicilia del 28% non è da sottovalutare. Credo che proprio le astensioni, che sono alla ricerca di un riferimento, possano costituire un serbatoio, una sorta di riserva per chi volesse impugnare, davvero, la bandiera del rinnovamento della politica. Perché di questo si tratta. Un passo indietro: la Dc, scientificamente, ha sposato la strategia dell'assistenza, addirittura alimentando, direi provocatoriamente, il bisogno, nella convinzione che, governando il bisogno, si governa anche il consenso. Altro che liberare dal bisogno. E per questa «strategia» si è attrezzata: Pomicino, Scotti, Misasi, Lattanzio, Mannino, Gaspari, Mancino, Gava, Mattarella, De Mita, per parlare solo dei vertici, sono i protagonisti di una scelta scellerata, «confortata» dal consenso crescente. Una scelta che determinerà un processo di graduale marginalizzazione del Mezzogiorno dal

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