.QJJ, BIANCO lXll,ROS.SO iii•iilMQ niana, hanno indubbiamente pesato in questa decadenza. Eppure appare poco plausibile una Cisl che, per prima nel recente congresso (il documento Confindustria è solo di pochi mesi fa), fa pesare anche le forze sociali nel dibattito sulle Riforme istituzionali e poi gestisce i problemi di democrazia interna sempre come ordinaria amministrazione. Un problema in più, per la Cisl, su questi temi è rappresentato dai tempi stretti fissati nel recente accordo interconfederale sulle nuove Rappresentanze unitarie sui luoghi di lavoro. Il modello scelto riprende e seleziona le esperienze maturate soprattutto nel settore industirale: tutto il settore agricolo e del pubblico impiego si trova a smantellare la propria vita aziendale precedente a livello sindacale. Settori dove la Cisl ha un peso e un rilievo di tutta evidenza. Saprà il nuovo gruppo dirigente avviare l'operazione trasparenza e di nuove regole, in tutte le realtà sindacali? Le strategie. Più arduo è «misurare» il cambio nei termini dell'allargamento o restringimento degli orizzonti di azione. Per la verità, Marini aveva fatto del «basso profilo» una oculata tattica negli incerti anni che abbiamo trascorso, riuscendo in una serie di ricuciture nei rapporti esterni, con successi pratici (fiscal drag, formazione-lavoro, patto per il Sud) non secondari. Ad oggi D' Antoni ha prodotto quasi esclusivamente un solo testo a carattere strategico, la relazione al Consiglio generale del dicembre 1990. In essa enfatizza come «abbiamo nomi per conflitti che non ci sono più, e nascono conflitti per i quali non abbiamo nomi». Davanti alla complessità sociale e alla frantumazione delle solidarietà, si lavorerà secondo le eredità ricevute, ma senza sicurezze precostituite. L'elenco dei problemi è tutto delineato: le scelte economiche, la riforma del welfare state, il Mezzogiorno («frontiera di tutta la Cisl»), la politica dei redditi e le nuove regole da definire con la Confindustria, l'estensione della cittadinanza (cioè un sindacato sempre più «portatore di bisogni generali dei suoi associati», e non solo agente negoziale) e, sul fronte interno, la difesa della «nuova progettualità» tutta da costruire, anche rivalutando il ricorso alle leggi e non solo alla contrattazione. Un'ulteriore ridimensionamento del ruolo delle categorie? ~- ---- - --- -- 8 Raffaele Morese è tra quelli che più ha lavorato in questi mesi perché la Cisl maturasse al proprio interno una piattaforma tempestiva e originale in vista del «mitico» appuntamento di giugno: soprattutto per evitare che si riduca ad un pallido braccio di ferro sulla scala mobile depotenziata, ma anche per rialzare da subito la sensibilità collettiva sull'interconnessioni di ogni discorso su contrattazione-salari-fiscooneri sociali. Concludendo. È probabile che, sul piano delle strategie da definire, il nuovo tandem cislino funzioni, con quel tanto di reciproca integrazione tra culture e caratteri che sempre ci vuole. D'altro canto, la sfilza di sfide per il sindacato occidentale è tale che nessun buon programma scritto a tavolino potrebbe esorcizzarla in partenza. Tutto da scrivere è poi il futuro rapporto della Cisl, non solo e non tanto con la Dc, quanto con l'insieme del mondo cattolico: un rapporto in definitiva poco indagato, vivo in periferia e incerto al centro, alimentato da nuovi militati e non sempre rivendicato in chiave «laica» nei momenti di elaborazione. Si può chiudere, in chiave di metafora, proprio con un riferimento tra il politico e il religioso. È un racconto del narratore ebreo S.J. Agnon, ripreso da G.Scholem nella sua storia della mistica ebraica, che può adattarsi al clima di questa fase sindacale. Un antico rabbino quando doveva assolvere un compito difficile, conosceva un luogo preciso nel bosco, accendeva un fuoco, diceva certe preghiere e tutto andava per il meglio. Una generazione dopo, un altro rabbino si recava nel bosco, non sentiva l'esigenza di fare un fuoco, ma le preghiere erano sufficienti. Nella successiva generazione, il nuovo rabbino ammetteva di non saper più legare le preghiere e le meditazioni, credendo però nella forza del recarsi nel posto giusto. Infine, nella generazione, più recente, un rabbino prendeva atto di non sapere più nulla né del luogo, né del fuoco, né delle preghiere: ma di avere ancora la fede per raccontare questa storia. Potrà dunque nascere un nuovo mix grazie al cambio al vertici? Il terreno per farlo c'è già: si chiama «partecipazione» e va individuata con più forza e meno genericità. Il retroterra culturale per alimentarlo, volendo, si può fecondare: è l'incrocio tra il solidarismo cattolico e il pensiero liberaldemocratico.
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