accettato per sopravvivere di scendere a compromessi con il potere, e questi compromessi sono divenuti poi vere e proprie collusioni. Altri, infine, non si sono rassegnati e i loro dirigenti, eroi dell'indipendenza, hanno subito la repressione da parte degli stessi che avevano contribuito ad innalzare. Sono questi sindacalisti che devono servire di esempio e che aiuteranno a formare l'Africa democratica di domani. Gli altri dovranno accettare il severo giudizio della Storia: quelli che hanno tollerato che i loro dirigenti venissero nominati dal Capo dello Stato; quelli che non sono riusciti a far rispettare i diritti sindacali o la carta dei diritti dell'uomo; quelli che non hanno saputo impedire che il salario minimo garantito fosse in realtà un salario massimo ... ,{)!L BIANCO lXII, HOSSO il IIB11di i iitiM itii raramente garantito; quelli, infine, che hanno escluso i lavoratori da un processo del quale dovevano essere invece i principali protagonisti. In queste circostanze, non c'è da meravigliarsi che questi sindacati siano stati assenti dai movimenti recenti di protesta sociale, che siano stati scavalcati da movimenti più vicini alla disperazione della «gente più povera». Questo sindacalismo non deve più fare affidamento sul nostro aiuto, se non si mette alla testa dei movimenti per la giustizia sociale e per il rispetto dei diritti dell'uomo. L'aiuto delle democrazie occidentali non può più contribuire a sostenere sistemi fondati sullo storno del denaro pubblico, sul saccheggio delle risorse nazionali e sulla repressione. Quelli che in Europa difendo no lo sviluppo e la democrazia sono stanchi di fornire aiuti ad occhi chiusi e a fondo perduto. Capiscono i popoli dell' Africa stanchi anch'essi di non conoscere né lo sviluppo né la democrazia. Quelli che temono oggi che il mondo occidentale dimentichi l'Africa a beneficio esclusivo dell'Europa dell'Est non sbaglino l'obiettivo: non è la «corsa verso l'Est», ma la persistenza delle dittature africane che minaccia lo sviluppo del continente. Perché solo i governi democratici possono avere la credibilità necessaria per chiedere al mondo occidentale una maggiore giustizia tra le nazioni e una migliore ripartizione della ricchezza. Perché solo i regimi democratici sono in grado di utilizzare in modo corretto l'aiuto internazionale di cui l'Africa ha un bisogno vitale. Oltre il soggiorno: accoglienza e politica migratoria O gni seria considerazione di un fenomeno sociale non può che partire da un'attenta analisi dei dati statistici, ricordando tra l'altro che nelle statistiche non sono compresi gli immigrati irregolari, difficilmente valutabili a livello quantitativo ma comunque di numero consistente. Proponiamo alcuni spunti da uno studio di Giuseppe Lucrezio Monticelli. Al 31 dicembre 1990 i cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia erano 781.138, di cui circa 632 mila extracomunitari. li maggior numero di stranieri si trova a Roma e provincia con oltre 180 mila presenze (il 23 OJo del totale nazionale). Nel Lazio sono più di 197 mila (25 OJo); in Lombardia quasi 117 mila (l50Jo)e di essi 72.500 nella provincia di Milano; seguono Sicilia e Toscana con più di 61 mila ciascuna; l'Umbria di Lidia e Franco Pittau con 50mila; poi Campania e Piemonte Lavorazionedel tonno- Favignana con 48.000 cadauna (Napoli 34.000, Torino 32.500); l'Emilia con 45 mila, il Veneto con 41 mila, la Liguria con 22 mila e poi, con valori inferiori alle 20 mila, le altre Regioni (ultime Basilicata, Valle d'Aosta e Molise con 1.000/1.500 unità). La maggior parte dei permessi di soggiorno (oltre 177 mila ossia il 23 OJo) sono stati rilasciati per motivi di lavoro subordinato o per iscrizione alle liste di collocamento (163.500 e il 21%), motivazioni che assieme assorbono il 44% del totale, percentuale che sale al 47% se si include la motivazione «attesa perfezionamento pratica lavorativa» (20 mila unità). Consistenti anche le quote dei permessi per ragioni di famiglia (quasi 98 mila e il 12,5%) e di studio (quasi 76 mila e il 10%). Ancora elevato il numero dei permessi per turismo (62 mila e 9%), quello dei «motivi non specifica-
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