un ente pubblico (lnps, Tesoro, etc.) e quindi documentata con il modello 201 e non essendo titolari di altri redditi, sono esonerati da qualunque forma di dichiarazione fiscale. Da ciò deriva che i nostri dati si riferiscono a coloro che presentano il modello 740 perché, oltre alla pensione, devono dichiarare altre entrate e a coloro che hanno presentato il solo modello 101, quello cioè relativo a pensioni erogate da enti non pubblici. Facendo riferimento alle elaborazioni statistiche più recenti, i pensionati che hanno presentato la dichiarazione fiscalenel 1988, riferita cioè al reddito 1987, sono 6,2 milioni e di essi il 54% è concentrato al nord. Il reddito medio complessivo (non di sola pensione, quindi) della categoria risulta pari a 11, 7 milioni, contro un reddito complessivo medio di tutti i contribuenti pari a 16 milioni. Questo dato sconta il fatto che il 76,40/o dei pensionati si attesta, sempre in termini di reddito complessivo, sotto i 15 milioni. Va infine tenuto presente che 4,6 milioni di pensionati, cioè il 740/o di coloro che hanno presentato la dichiarazione, hanno denunciato un reddito di fabbricato. 2. Ritorniamo a questo punto, al nostro quesito. In che modo le scelte di realizzazionedell'Unione economica e monetaria, per quanto attiene alla leva tributaria, possono creare aggiuntivi punti di riferimento per questa categoria di cittadini? Si è detto cosa significhi l'Uem, una volta che il suo processo di completamento sarà realizzato. Le procedure per arrivarvi prevedono tre successive fasi attuative. Già all'interno della prima fase, dovrebbe realizzarsi o avviarsi in modo incisivo il superamento delle barriere doganali, fiscali e tecniche (quellecioè che tutt'ora impediscono il libero movimento di persone, servizi e capitali). Queste barriere, infatti, se mantenute, contrasterebbero con l'attuazionedi un mercato unico e di un'area geografica vasta quanto i territori dei dodici Stati membri, che permetta cioè libertà di movimento e operative per tutti i suoi abitanti. Questi, ricordiamo, superano ampiamente i 300milioni di unità. Già nella prima fase, quindi, sono stati previstimutamenti nel campo tri- .P!I, Rl.-\~CO lX.11.ROSSO 1111 01d butario. In particolare, per le imposte indirette si dovrà attuare un processo di armonizzazione della fase di riscossione dei tributi (iva e accise) e di fissazione delle relative aliquote. Si realizzerebbe in tal modo il superamento di quegli ostacoli che, in questo campo, si considera impediscano l'attuazione di un regime di libera concorrenza tra gli operatori economici. Per le imposte dirette, il discorso risulta molto più articolato e, in qualche modo, complesso. Esso, inoltre, si avvicina maggiormente al nostro quesito. È proprio questo comparto, infatti, che evidenzia il manifestarsi di nuove differenziazioni, in aggiunta a quelle già esistenti, dei contribuenti e dei relativi redditi rispetto alla leva tributaria. Esse traggono alimento, a loro volta e in massima parte, dalla diversa mobilità geografica, quindi transfrontaliera, che le varie categorie di operatori economici, o di redditi, o di gruppi della collettività nazionale hanno in termini non solo potenziali ma reali. Facciamo in proposito un esempio particolarmente esplicito di mobilità reale. Consideriamo cioè i capitali mobiliari, per i quali ad una loro capacità di spostamento reale da tempo già presente, nei fatti si è aggiunta, in termini istituzionali, la liberalizzazione dei mercati finanziari resa operante dal luglio 1990 per la gran parte dei paesi membri della Cee, tra cui il nostro che ne aveva addirittura anticipato l'introduzione nel precedente mese di marzo. È da far presente che, nelle iniziali decisioni comunitarie, la liberalizzazione del movimento dei capitali doveva essere accompagnata da un'armonizzazione fiscale relativa agli interessi che su di essi sarebbero maturati e tale armonizzazione doveva essenzialmente prendere avvio da uha ritenuta alla fonte di eguale ammontare (10 o 150/o) da applicare in qualunque area geografica fosse maturato il loro godimento. A tale armonizzazione non si è pervenuti, causa la resistenza di alcuni paesi tra cui in primo luogo la Germania e il Lussemburgo. Si ricorda in proposito che il rilievo anche politico che ogni Stato da a questo strumento ha fatto sì che per le relative scelte sia pretesa l'unanimità e non la maggioranza dei consensi. Ma non si è reputato che la mancata armonizzazione fosse un impedimento alla già richiamata liberalizzazione dei capitali. Da tale situazione deriva che la tassazione sui relativi rendimenti può divenire uno strumento, in mano agli Stati, non per reperire entrate aggiuntive su una base imponibile, anch'essa eventualmente accresciuta, ma una leva da far agire in direzione contraria; nel senso, cioè, di offerta di privilegi fiscali e trattamenti preferenziali, rispetto a regimi tributari in atto in altri Stati membri, al fine di attrarre al proprio interno risorse contraddistinte, appunto, da un'estrema mobilità territoriale. Si mette in tal modo in moto una sorte di concorrenza fiscale tra i differenti regimi tributari che va in senso opposto ad un loro coordinamento. Emerge da ciò come l'impostazione politica e culturale sottostante il disegno di realizzazione dell'Uem, centrata sul paradigma della realizzazione di un mercato di libera concorrenza, tutta basata sul rispetto per le scelte, a livello microeconomico, dei singoli operatori e soprattutto di coloro che si presume facciano affluire le proprie risorse ai processi di investimento e di allargamento della base produttiva, emargini l'operatore pubblico a livello nazionale da un ruolo di indirizzo e selezione nell'impiego e nella distribuzione del reddito e lo inserisca, se così può dirsi, in un sentiero di rincorsa di certe scelte degli operatori economici privati. Abbiamo fatto l'esempio del mercato mobiliare ma molti altri potrebbero essere richiamati. Basterebbe in proposito, ricordare che tutt'ora, nonostante le successive proposte elaborate dalla Commissione Cee, non si è riusciti a pervenire alla definizione di una base imponibile omogenea per quel che concerne gli utili delle società né all'individuazione di aliquote concordate per quel che riguarda il relativo calcolo di imposta, né ancora alla fissazione di misure realmente unitarie per quel che concerne il rapporto, in termini di pagamento di royalties, transfer pricing, etc. tra società madre e stabilimenti o consociate situati in altri Stati. E così via. La strada che invece si percorre è che tali categorie di attività, sempre sottolineando e richiamando il rispetto della libera concorrenza e degli equilibri microeconomici, dai quali far sortire automaticamente un benessere col-
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