Bi Organaio - Crema cominciano a cogliere oggi i frutti della norma, inserita nella riforma del 1969, che consente l'erogazione, dopo 40 anni di contribuzione, di una pensione pari all'800Jodella media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni di lavoro. Infine, non mi sembra inutile precisare, che l'Inps, nel contesto del problema della spesa pubblica, nel primo trimestre del 1991, ha puntualmente rispettato le previsioni della legge finanziaria di quest'anno, e dunque non ha contribuito in alcun modo alla creazione del «buco» del bilancio dello Stato al centro delle polemiche di questo periodo. Da queste considerazioni emerge l'esigenza di un coraggioso intervento riformatore, in analogia agli orientamenti che vanno maturando nei Paesi Cee, che rimuova le attuali normative distorcenti che determinano, a fronte di una non indifferente spesa complessiva (il 13-140/odel Pil), l'erogazione di pensioni modeste. Una simile impostazione riformistica andrà ad incidere, inevitabilmente, su alcune posizioni di privilegio (età pensionabile, minimi contributivi, aliquote di rendita, ecc.). In ragione del grande significato, a livello individuale e collettivo1 che il sistema pensionistico riveste, deve essere ~!LBIANCO l.XltflOSSO 1111 089 respinta la strada delle decisioni che «saltano» il confronto con le parti so-, ciali sulle quali gravano largamente gli oneri del finanziamento previdenziale. Dovrebbe essere chiaro, inoltre, che una riforma, per essere tale, non può non abbracciare tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, proprio per evitare che si riproduca quel mosaico che rende costoso e ingiusto l'attua- !~ sistema. Nello scenario della riforma, e quindi come elemento concorrente ma non come punto risolutore, si colloca il tema della previdenza integrativa. Per cambiare l'attuale sistema (che, come detto, costa molto e rende poco) e nel contempo aprire le porte alla previdenza integrativa, è necessario un chiarimento di fondo da parte, soprattutto, delle Organizzazioni sindacali dei lavoratori. L'ordinamento attuale, fondato sul principio a ripartizione e con una aliquota di rendimento che garantisce 1'80% della media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni di lavoro dopo 40 anni di contribuzione, non offre spazi per la previdenza integrativa. Nessun sistema previdenziale dei Paesi industrializzati garantisce tale rendimento, sia in quelli in cui opera il principio della ripartizione sia in quelli in cui opera il principio della capitalizzazione o in quelli con sistema misto. Le forze sindacali sono chiamate a compiere una scelta difficile ma inevitabile: abbassare 1'80% di un «X» in meno, e con questo aprire le porte alla previdenza integrativa, oppure rafforzare l'attuale sistema fondato sul rendimento dell' 800Jo. È bene ricordare, a questo riguardo, che le esperienze dei Paesi con il più alto indice di industrializzazione, dimostrano che quanto più alto è il tetto delle pensioni obbligatorie tanto più ristretto è il campo delle pensioni integrative e, ovviamente, la propensione a questo tipo di previdenza. L'eventuale passaggio dal sistema pubblico fondato su norme che, come detto, garantiscono un massimo dell'800Jodella media delle retribuzioni dell'ultimo quinquennio di lavoro, ad uno che riserva uno spazio alla previdenza integrativa, va costruito attraverso la contrattazione collettiva. Solo così, infatti, si avrà la certezza dell'estensione della copertura previdenziale integrativa a tutte le categorie anzichè a singole posizioni economicamente più forti. Così come avviene in altri Paesi, la previdenza integrativa dovrà essere costituita e gestita sulla base del criterio della capitalizzazione. Ciò consentirà l'accumulazione di risorse finanziarie da immettere sul mercato e quindi l'introduzione, anche in Italia, della figura dell'investitore istituzionale: una vera e grande innovazione nel sistema macroeconomico. In questa prospettiva, il sindacato diventa soggetto attivo del processo di accumulazione e orienta le strategie di investimento. Il sindacato, inoltre, come cogestore di fondi, potrà compiere un decisivo salto di qualità esercitando un ruolo importante sul versante della produzione della ricchezza e non soltanto su quello della sua distribuzione. In conclusione l'Inps, contrariamente a ciò che una corrente di opinione vuol far credere, è nettamente favorevole all'espansione della previdenza integrativa, ma richiede, da una parte, che questo fenomeno venga inserito in un contesto più ampio di riforma e, dall'altro, che sulla base del principio della concorrenzialità, possono gestirlo, indifferentemente, realtà pubbliche e private.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==