Bi Paesi con un contratto di assicurazione unico con una sola Compagnia europea. Per i «fondi pensione» le soluzioni presenti in Europa sono diverse: - riserve iscritte nei bilanci aziendali - versamenti supplementari ai sistemi pubblici - fondi pensione autogestiti - fondi pensione gestiti all'esterno dell'impresa. Gli ultimi due metodi sono certamente i più interessanti. I «fondi pensione» di tali tipologie operanti nella Cee detengono oggi riserve stimate in 700 miliardi di Ecu •b•#Oiil (circa 1 milione di miliardi di lire). In gran parte dei casi, il «fondo pensione», anche se si autoamministra, affida ad un gestore esterno il compito di investire gli accantonamenti. Gli obiettivi che una liberalizzazione europea in tale materia si dovrebbe prefiggere sono 3: I. una completa libertà di far parte di un Fondo Pensioni transfrontaliero. 2. la completa libertà di fornire il servizio di gestione di Fondi Pensione da un Paese all'altro 3. la completa libertà di investimento dei capitali dei Fondi Pensione nei diversi Paesi. È evidente che, di fronte a queste prospettive, le soluzioni oggi disponibili in Italia dovranno necessariamente evolversi per offrire risposte adeguate alle esigenze dei diversi interlocutori collettivi. Di ciò dovranno tener conto sia le Compagnie di Assicurazione, costruendo «prodotti» più flessibili e meno costosi di quelli attuali, sia gli altri operatori (banche, società finanziarie, gestori di patrimoni) interessati ad un mercato che si preannuncia. in forte crescita, ma nello stesso tempo fortemente competitivo. ~lnps: si all'integrazione ma con giudizio S aie alla ribalta, nuovamente, la questione della riforma previdenziale, anche se per via indiretta. L'occasione, infatti, è costituita dalla complessa manovra per il contenimento della spesa pubblica, anche se in effetti il problema della crisi del sistema era già stato sollevato precedentemente, più volte, dall'Inps e, recentemente, in occasione della presentazione del modello previsionale elaborato dall'Istituto che ipotizza, in assenza di interventi riformatori, il passaggio dall' attuale aliquota pura di equilibrio del 39,6% ad una aliquota del 45% nel 2010. Dico subito, per non dare argomenti agli oppositori della previdenza pubblica, che per crisi del sistema non intendo la «bancarotta» e quindi il mancato pagamento delle pensioni (la cui erogazione è in ogni caso garantita), ma piuttosto l'alterazione strutturale dell'equilibrio tra entrate ed uscite, quale effetto di fenomeni inediti. Lo squilibrio, infatti, deriva dai grandi cambiamenti che hanno determinato !'«obsolescenza» dei presupposti su cui . ., .. ---- - - - -- di Mario Colombo poggia l'attuale «patto tra generazioni», introdotto dalla legge di riforma del 1969. È dato acquisito che dalla metà degli anni '70 si è venuta esaurendo l'onda lunga della crescita economica postbellica che, fino a quel momento, aveva consentito di prelevare senza eccessive difficoltà le risorse per fronteggiare le spese crescenti del welfare state. Sul finire dello stesso decennio si è venuto, inoltre, manifestando un fenomeno di progressiva riduzione dell'area del lavoro dipendente ed un ampliamento di quella del lavoro autonomo, con la conseguente riduzione del gettito contributivo, proprio mentre emergevano e si consolidavano le esigenze di una maggiore solidarietà sociale dovuta ai cambiamenti tecnologici ed organizzativi del sistema produttivo. Si tratta, in effetti, di una evoluzione tipica di tutti i Paesi industrializzati, ma che si accompagna, in Italia, a due anomalie particolarmente gravose: l'accollo all'lnps di spese assistenziali che, viceversa, dovrebbero essere di -ts competenza dell'intera comunità, e proprio perché tali da finanziare con il prelievo fiscale e non con i contributi di alcune categorie (nel 1990 l'lnps ha erogato, a questo titolo, ben 7.229 miliardi); l'allugamento della vita e l'abbassamento del tasso di natalità che hanno determinato, e ancor più determineranno, un rapporto giovani/anziani particolarmente negativo. Secondo l'Istat, infatti, nel 2008 l'Italia sarà il Paese con il più sfavorevole parametro, tanto che per ogni 100 abitanti con meno di 15 anni, ne avremo 139 con 65 anni ed oltre. Sempre nel 2008 il rapporto lavoratori attivi/pensionati sarà pari (sulla base dell'attuale normativa) a 1:1,8. A tutto ciò, poi, va aggiunto che l'importo medio delle pensioni è stato per lungo tempo pari al minimo o di poco superiore al minimo, mentre giungono ora a maturazione (fortunatamente) posizioni che hanno regolari contribuzioni e buone medie retributive, sicché è facile prevedere, entro breve, un aumento significativo degli importi di pensione. In altri termini, si
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==