previdenza del settore del credito, sia pure retti da particolari organismi a gestione sociale-collettiva, non rispondono compiutamente all'impostazione che ho appena delineata: queste positive esperienze possono forse rappresentare un prototipo su cui operare utili sperimentazioni in attesa di costruire il modello definitivo. Quanto affermo non è in contraddizione con le distinzioni prima delineate e non toglie che, anche nel settore appena ricordato, possano esistere e convivere, riunite nell'unico progetto del sindacato, tutte le forme e le espressioni della partecipazione nel senso enunciato, compresa la partecipazione alla produttività. Previdenzaintegrativa e relazioni industriali Non è fuor di luogo ricordare che le forme di partecipazione economica dei lavoratori risentono di un'antica tradizione non favorevole tuttora persistente nelle nostre relazioni sindacali. Parto da fatti a tutti noti: le trasformazioni organizzative e le innovazioni tecnologiche, la crescente finanziarizzazione delle imprese, nonché i tentativi di coinvolgimento delle varie componenti aziendali in tutti i processi organizzativi e decisionali, fino appunto a quelli finanziari, manifestatesi nel corso degli anni '80, hanno provocato una cospicua redistribuzione del reddito, della ricchezza e dei poteri. Il sistema delle relazioni industriali esistente in quel periodo, non si è mostrato in grado né di contenere tali spinte, né di condizionarle con propri maggiori poteri di indirizzo o di orientamento. Ricordo inoltre che le iniziative degli imprenditori e dei managers, di coinvolgere direttamente importanti fasce di lavoratori nella logica della «partecipazione», sono tuttora in corso possibilmente senza o contro le organizzazioni sindacali. La sfida lanciata indica che la partecipazione, e al suo interno il tema dell'accesso alle forme dell'accumulazione nelle imprese da parte dei lavoratori non può essere rifiutata. L'esito dipenderà da numerosi fattori, specie di tipo strategico, dei soggetti interessati. Una cosa è certa: ad essere messo in discussione è il ruolo del sindacato, attore sociale che risulta maggiormente _p_tJ, Rl.\'.\CO IXII.R~ ■ ii•W•id spiazzato sia dal punto di vista progettuale, sia dal lato organizzativo. Un vantaggio potrebbe derivargli da uno sviluppo più intenso della democrazia economica proprio in quelle attività nuove e con crescenti potenzialità di cui i Fondi integrativi pensioni sono l'esempio più attuale e pertinente. Ritengo infatti che il sindacato possa rispondere a bisogni di servizi fondamentali di sicurezza e previdenza collettiva (previdenza, formazione, sicurezza nel lavoro, ecologia, assistenza nel mercato del lavoro, pari opportunità) secondo il criterio del privato collettivo. Ciò in alternativa alle forme individualistico-speculative e in maniera complementare rispetto allo Stato che non è in grado di gestirle. L'importante è evitare che venga messa in atto la politica dei francesi definita della «rustine» (da Rustin, industriale francese, inventore del rattoppo per i buchi della camera d'aria) che consiste nel tappare i buchi man mano che si presenta la necessità, senza esaminare a fondo il problema. Si pone inoltre la questione circa la rappresentanza dei lavoratori negli organismi decisionali; il sindacato italiano, nella sua esperienza ha sinora praticato il «canale unico» della rappresentanza, favorito dall'assenza di formalizzazione dei ruoli e dàll'approssimazione delle regole elettive e procedurali che ha consentito alle rappresentanze sindacali di svolgere anche funzioni di tipo partecipativo senza dichiararlo. Al sindacato non conviene diventare l'unico canale della partecipazione ma neppure delegare la totale responsabilità a rappresentanze autonome dei lavoratori. Alle luce del dibattito in corso sulle Rsu posso pensare che l'attivazione del «doppio canale» di rappresentanza ponga problemi non da poco sia per la salvaguardia dell'unità d'azione fra le organizzazioni sindacali (il problema è come non trasformare la competizione intersindacale in una risorsa aggiuntiva per la controparte) sia per il potenziale esautoramento delle logiche solidaristiche. Non nascondo che il grado di complessità del problema è molto elevato. Bisogna quindi procedere con cautela ma anche con decisione; è opportuno valutare attentamente le conseguenze per i lavoratori ma anche il nuovo compito che il sindacato è chiamato a svolgere. Un conto è l'azione per la tutela del reddito ed il miglioramento dei salari. Altra cosa è gestire il risparmio dei lavoratori in una situazione di incertezza come l'attuale nella quale si rileva una carenza legislativa incredibile accompagnata dall'assenza di un qualsiasi progetto riformista condiviso nella sfera politico-istituzionale, prerequisito utile per l'affermarsi della democrazia economica. L'accumulazione ed il controllo Si tratta di un terreno di intervento particolarmente difficile e scivoloso, perché influisce sulle basi strutturali dell'economia, sulle ideologie concernenti la proprietà ed il controllo e, quel che più conta, sull'azione del sindacato. Per fare un esempio valido, le relazioni tra previdenza integrativa, democrazia economica e relazioni industriali e accumulazione possono essere paragonati ad un immenso labirinto dove, per poter circolare ed orientarsi è necessario ricorrere al filo d'Arianna. E questo filo di Arianna è riservato solo agli addetti, agli iniziati, altrimenti si viene sacrificati al Minotauro della subordinazione e dell'impotenza. Giustamente, nel dibattito in corso negli Stati Uniti, si pone una particolare enfasi sul fatto che i lavoratori attraverso i loro Fondi pensione possiedono ma non controllano una fetta importante del mercato dei capitali del loro paese. Sinora la fiducia delle organizzazioni sindacali nei diritti di proprietà e nel livello del tasso di rendimento degli investimenti effettuati ha distolto l'attenzione dal fatto che, a lungo andare, possono essere compromessi altri obiettivi fondamentali. Controllare in che modo è investito il capitale finanziario anziché individuare colui che possiede il capitale è una problematica che il movimento del lavoro di quel paese sta prendendo in considerazione seriamente. Posso solo aggiungere che sono fermamente convinto che il sindacato deve occuparsi dell'accumulazione. Nel nostro Paese il problema è più complicato perché bisogna ancora sviluppare e promuovere l'accumulazione nella forma di previdenza integrativa,
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