Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 17 - giugno 1991

B «ripartizione», i pubblici poteri, nonostante le numerose critiche e suggerimenti, non si preoccuparono di valutare come tale sistema, legando fra loro generazioni diverse, sarebbe risultato squilibrato qualora si fosse realizzato il fenomeno dell'invecchiamento della popolazione. Ciò che, per l'effetto congiunto dell'abbassamento dei tassi di natalità e dell'allungamento della vita media, si è puntualmente verificato, con la conseguenza di un aumento costante dell'onere per pensioni da finanziare per mezzo di un flusso crescente di entrate contributive. Correzioni alle gravissime e previdibilissime distorsioni non sono state predisposte in tempo, tranne che con la modifica dell'invalidità pensionabile (legge 222 del 1984). Per valutare la completa assenza di logica in questa delicata materia, basti rammentare come lo Stato, per i propri dipendenti, non abbia mai costituito un fondo pensioni, perché evidentemente non è stata mai fatta la giusta considerazione che sarebbe venuta l'ora, come difatti è giunta, della valutazione comparativa fra la previdenza del settore privato, organizzata nell'Inps, e la previdenza del personale statale. Quest'ultima trova il finanziamento nel bilancio dello Stato senza alcun riferimento al carico contributivo, e quindi al problema del costo del lavoro, come, al contrario, si verifica per il settore privato. Al fine di individuare i modi di intervento che consentono di correggere le distorsioni dovute al vincolo generazionale su cui si fonda il sistema «a ripartizione», sarebbe quanto meno opportuno disporre con urgenza e rigore una ricerca concernente le proiezioni a lungo termine degli oneri e finanziamenti per l'intero sistema pensionistico dei lavoratori dipendenti di tutti i settori e comparti economici, come, peraltro, avviene nei principali paesi della Cee, in riferimento però all'intero sistema di sicurezza sociale. Sarebbe così possibile prevedere le aliquote contributive di equilibrio generale, per gli anni prossimi e più lontani, per programmare ed adeguare i relativi finanziamenti. Poiché, come già detto, gli oneri sono in parte di natura solidaristica, i relativi finanziamenti dovrebbero essere parte a carico della contribuzione e, quindi, a carico del costo - ---.-~ - -.----.- -- .{)!I, BIAì\CO lXll,ROSSO •h•&ild del lavoro, e parte a carico della collettività e, quindi, fiscalizzati. b. I fondi integrativi. Per quanto possa sembrare elevata, la tutela pensionistica garantita dal regime generale dei lavoratori dipendenti (la più bassa - e però anche la meno costosa - se raffrontata alle prestazioni assicurate dalle altre forme speciali di previdenza), essa, in pratica, non lo è. Infatti la pensione media del regime generale dei lavoratori dipendenti è pari al 41, 7 per cento, nel caso degli operai, e al 27 ,8 per cento, nel caso degli impiegati, delle corrispondenti retribuzioni medie rilevate dall'lnps nel 1989. A ciò bisogna aggiungere la situazione occupazionale dei giovani, i quali, per effetto del ritardo nell'inizio dell'attività lavorativa e, quindi, del rapporto previdenziale, difficilmente, al compimento dell'età di pensionamento, potranno far valere i 40 anni di contribuzione per ottenere il massimo di pensione (80% della retribuzione media degli ultimi 5 anni di contribuzione o di lavoro). Si rifletta inoltre sulle risultanze di proiezioni previsionali recentemente fatte per il regime generale dei lavoratori dipendenti, che, fra l'altro, comportano necessariamente, pena il fallimento dell'intero sistema, come volutamente si afferma in certi ambienti, la riduzione del rendimento annuo pensionistico dal 2% fino all'l,60% della media retributiva degli ultimi dieci anni di lavoro. Considerazioni queste che trovano riscontro nelle recenti proposte del Ministro del lavoro in materia di riordinamento delle pensioni. Ciò sta a significare che l'avvenire riserva agli attuali lavoratori una tutela pensionistica più bassa dell'attuale. Le suddette considerazioni, coniugate con comprensibili altre basilari ragioni, servono per giustificare le proposte di completamento e di rafforzamento dell'assetto previdenziale con forme complementari e integrative di previdenza da gestire con il sistema tecnico della «capitalizzazione». D'altronde, le difficoltà dei sistemi di assicurazione obbligatoria generale, fondati sulla ripartizione, ad offrire prestazioni significativamente superiori a quelle più basse, si ritrovano anche nelle esperienze di altri paesi industrializzati che allo scopo, da lungo, hanno posto in essere sistemi di fondi pensionistici integrativi. .~O Dal lato economico, i fondi integrativi comportano la formazione di risparmio capace di investimenti adatti allo sviluppo di un paese industrializzato come il nostro e di forme di profitto con il quale pagare le prestazioni. I fondi integrativi presentano dunque una duplice convenienza: da una parte, favoriscono, socializzandola, l'accumulazione e, dall'altra fanno fronte a quelle esigenze assicurative alle quali il sistema pubblico non riesce più a dare una risposta adeguata. Al regime «a ripartizione» della previdenza pubblica, si affiancherebbe - come supporto per un grande riequilibrio generale del nostro sistema previdenziale - un saldo regime «a capitalizzazione» da gestire sulla base dei contributi dei lavoratori che darebbero vita a queste forme di risparmio contrattuale. Valga al riguardo, un significativo suggerimento del professor Valiani: «Invero, come mostrano le esperienze di altri paesi, quanto più si procede nel regime assicurativo generale verso l'unificazione delle normative e dei trattamenti per le varie categorie, aziende e livelli di funzioni (e retribuzioni), tanto più emerge l'opportunità di offrire spazi, attraverso fondi integrativi, alla volontà di costituire trattamenti supplementari che altrimenti potrebbero trovare sbocco soltanto in assicurazioni private, prive di controlli e delle garanzie pubbliche». I fondi complementari, utili per coprire gli spazi lasciati dalla previdenza pubblica generale, potrebbero essere aziendali, categoriali, regionali, nazionali, ecc. Potrebbero essere gestiti da enti e aziende nell'ambito del privatocollettivo, ed essere amministrati dalle categorie e parti sociali che concorrono al finanziamento, con lo scopo di far fruttare al massimo i capitali, naturalmente in armonia con una politica monetaria che non trascuri gli imperativi etici. 3. L'età di pensionamento L'età di pensionamento, così come oggi è codificata nella legislazione, si presenta come «un'età ghigliottina», al compimento della quale cessa il diritto al lavoro. Andrebbe invece concepita come un limite (forse da elevare), oltre il quale al lavoratore vengono consentite nuove opzioni. Quali potrebbero essere tali opzioni?

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