B Soffiatore di vetro, Murano continuata a finanziare attraverso il prelievo contributivo, e ponendo la seconda a carico del fisco, perché riferita ad esigenze e scelte di ordine politico e, quindi, riguardanti l'intera collettività nazionale. La cosiddetta "assistenza" venne concretamente individuata: a. nel ricorso alle pensioni di invalidità come fonte sostitutiva di reddito per le famiglie in zone e circostanze di particolare bisogno; b. nei trasferimenti monetari a favore dei lavoratori autonomi, che solo recentemente hanno avuto accesso alla tutela previdenziale; c. nella fiscalizzazione degli oneri sociali, alla quale si è fatto ricorso per coadiuvare il sistema produttivo; d. nelle agevolazioni contributive concesse ad alcune categorie di lavoratori; e. nelle integrazioni dei trattamenti minimi di pensione. Molti affermavano allora che, eliminate queste distorsioni, il sistema, così come era stato configurato dalla legii)!J, Bl.\~CO l.Xll,HOSSO •h•#hld slazione nel corso degli anni '60 e '70, e che lo poneva all'avanguardia nel mondo, avrebbe avuto la possibilità di funzionare senza far ricorso a provvedimenti di carattere strutturale. Le cause del malessere - si sosteneva - erano di natura patologica e potevano essere rimosse. Fisiologicamente, il sistema non presentava alcun fattore degenerativo. Muovendo da queste convinzioni, i sindacati e l'lnps - che nel frattempo aveva elaborato un bilancio parallelo in cui venivano quantificate le uscite che potevano dirsi «assistenziali» - ottennero dal parlamento e dal governo che queste spese - sia pure con una certa gradualità - fossero poste a carico del bilancio state (legge n. 88 del 1989). Ma passarono pochi mesi e i problemi della governabilità del sistema si riproposero, dando ragione a chi sosteneva che il sistema era affetto non solo da mali congiunturali, ma da carenze strutturali, «fisiologiche», alle quali era necessario ed urgente por mano, non con interventi di riordino, ma di riforma. Gli allarmi lanciati dal defunto ministro del Lavoro Donat Cattin, dal presidente dell'lnps Mario Colombo (che ha abbandonato completamente la strategia rassicurante del suo predecessore Giacinto Militello) e, più recentemente, dal ministro del Tesoro Guido Carli, ripropongono oggi in termini politici quello che la ricerca aveva già messo in evidenza da oltre dieci anni, e che i precedenti ministri del Lavoro Scotti, prima, e De Michelis, poi, avevano raccolto solo parzialmente. Dieci anni perduti, che, per non voler affrontare una tematica difficile e, in qualche modo, impopolare, produrranno pesanti effetti negativi sui lavoratori. Quali sono, dunque, i fattori degenerativi che rischiano di compromettere l'affidabilità del sistema? Va premesso che tutti trovano, in un modo o nell'altro, la loro radici nei profondi mutamenti demografici che si stanno producendo nella nostra società e che si traducono nel suo invecchiamento. Invecchiamento che vuol dire un numero crescente di anziani a fronte di un numero decrescente di giovani e adulti. Un primo fattore è la diversa incidenza del monte-pensioni sul Pil, chesi tradurrà in una sempre maggiore pressione della spesa pensionistica sulle risorse nazionali prodotte. Per il solo Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) dell'Inps, uno studio della Banca d'Italia prevede le seguenti proiezioni dell'incidenza delle prestazioni sul Pil: 1995: 9,6; 2000: 10,5; 1005: 11,3; 2010: 12,0. A ciò vanno aggiunte le spese sostenute dagli altri più di 50 fondi e gestioni, oltre che per le pensioni dei dipendenti pubblici. Complessivamente, la spesa pensionistica rappresentava nel 1981 il 12% del Pii; nel 1988 il 15,6%, il valore più alto dei paesi europei. Nel 2000 si dovrebbero avvicinare al 20%. Pensioni di invalidità per ogni 100 di vecchiaia (lnps) Gestioni 1980 1983 1985* 1987 1989 Fondo pensionilavoratori dipendenti 97 88 75 69 61 Contadini 399 378 379 328 282 Artigiani 280 284 259 213 169 Commercianti 116 128 119 104 90
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