Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 17 - giugno 1991

.Q!L HIAI\CO '-Xli. I\OSSO Ui•iil•U prietà privata e realtà dello Stato e del suo dovere di tutelare il bene comune. Non è una novità sconvolgente, occorre dirlo, ma c'è: per essa una forma di socialismo non ateo, cioè non basato su una ideologia totalitaria, che rispetti il diritto di proprietà finalizzandolo efficacemente al bene comune, non solo non contraddice, ma è pienamente compatibile con la dottrina della Chiesa cattolica, al punto da apparirne come una logica conseguenza. E proprio da questo punto di vista appare interessante anche il passo in cui Giovanni Paolo II chiarisce cosa voleva dire, nella dottrina della Chiesa, a partire da Leone XIII, la condanna della «lotta di classe». E', o forse occorrerebbe dire era, uno dei punti di forza della polemica antisocialista del passato. Proprio parlando di Leone XIII la «Centesimus Annus» scrive: «Il papa, beninteso, non intende condannare ogni e qualsiasi forma di conflittualità sociale. La Chiesa sa bene che nella storia i conflitti di interessi tra diversi gruppi sociali insorgono inevitabilmente e che di fronte ad essi il cristiano deve spesso prendere posizione con decisione e coerenza. L 'enciclica «Laborem exercens», del resto, ha riconosciuto chiaramente il ruolo positivo del conflitto, quando esso si configuri come «lotta per la giustizia sociale», e già la «Quadragesimo anno» scriveva che «la lotta di classe, quando si astenga dagli atti di violenza e dal1'odio vicendevole, si trasforma a poco apoco in una onesta discussione, fondata nella ricerca della giustizia» (n.14). La citazione è lunga, ma valeva la pena. Nessuno, d'ora in poi, potrà legittimamente pensare, e sostenere, che la Chiesa non accetta la conflittualità sociale, e che vuole che tutto si risolva senza conflitti, in un interclassismo che sia, di fatto, l'accettazione pura e semplice della supremazia di una classe potente su una povera e depredata. Forse è un altro caposaldo di certe polemiche moderate, anche cattoliche, sul «diritto naturale di proprietà privata» che va di colpo in fumo. 5 - Sì al sistema d'impresa, ma con correttivi sociali. E tuttavia vale la pena ricordare che proprio in questa enciclica ci sono dei testi che superano quelli che forse erano realmente alcuni limiti dell'atteggiamento cattolico del passato, un certo <<pauperismo» di principio, il rifiuto della stessa idea del desiderio di vivere meglio, I )8 I_ - - - - - - - - - - - che veniva a torto o a ragione interpretato come una nostalgia di tempi andati, di Medioevo penitente, una non accettazione della modernità, - ancora una volta -, e un rifiuto del progresso e della scienza. Anche di recente autori che sembrano seri, come Francesco Alberoni, avevano potuto accusare in blocco la Chiesa cattolica con questo schema abituale: pauperismo, culto della sofferenza, favore alla cultura dell'assistenza più che a quella del progresso e dell'emancipazione dell'uomo. Nell'enciclica c'è anche la risposta a questa accusa. Giovanni Paolo II, al n. 36, fa ripetutamente una affermazione di principio che vale la pena di riportare. Eccola: «La domanda di un 'esistenza qualitativamente più soddisfacente e più ricca è in sé cosa legittima, ma non si possono non sottolineare le nuove responsabilità ed ipericoli connessi con questa fase storica». E', naturalmente, la fase in cui due terzi dell'umanità vivono ancora in condizioni difficili e addirittura disumane. E il testo, poco dopo, torna a ripetere, con ancora maggiore chiarezza: «Non è male desiderare di vivere meglio, ma è sbagliato lo stile di vita che si presume essere migliore, quando è orientato all'avere e non all'essere e vuole avere di più non per essere di più, ma per consumare l'esistenza in un godimento fine a se stesso». E' la critica alla mentalità consumista che si sta imponendo in Occidente e nei paesi sviluppati. Il papa ripete che «la soluzione marxista èfa/lita, ma permangono nel mondo fenomeni di emarginazione e di sfruttamento, specialmente nel Terzo Mondo, nonché fenomeni di alienazione umana, specialmente nei Paesi più avanzati ... C'è anzi il rischio che si diffonda una ideologia radicale di tipo capitalistico, la quale rifiuta persino di prendere in considerazione i problemi dei poveri, ritenendo a priori condannato all'insuccesso ogni tentativo di affrontarli, e ne affida fideisticamente la soluzione al libero sviluppo delle forze di mercato». E' il secco rifiuto di una vittoria assoluta del capitalismo come tale, e della «fede» nel mercato che pare animare tanta parte dell'intellighentsia occidentale. Giovanni Paolo II non si stanca, a questo proposito, di ribadire che il diritto di proprietà, e anche il diritto di impresa, che è il vero nome moderno della proprietà, sono legati, per essere legittimi, alla loro essenziale qualità sociale. Subito dopo aver affermato che «la Chiesa non ha modelli da proporre», come visto sopra, perché i modelli na-

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