Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 17 - giugno 1991

~-!J,BIANCO lXll,ROSSO iii•iil•Q ove ciò risulti opportuno. Essa, pertanto, non può favori re laformazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello Stato» (n.46). Subito dopo, nel testo, torna il rifiuto del fanatismo e del fondamentalismo, e c'è una secca affermazione di principio: «La Chiesa, pertanto, riaffermando costantemente la trascendente dignità della persona, ha come suo metodo il rispetto della libertà» (n.46). A chi non conosce le esitazioni del pensiero ufficiale della Chiesa, in proposito, questa affermazione può apparire scontata, e invece non lo è. Non lo era, per esempio, proprio nella «Rerum Novarum», che non sognava di mettere in questione monarchie ereditarie e regimi autoritari del tempo. La democrazia, come tale, era stata in passato più volte condannata dai documenti della Chiesa cattolica. Basterà ricordare i testi di Gregorio XVI, negli anni '30 dell'800, e il Sillabo di Pio IX. Fino al Concilio Vaticano II questa approvazione della democrazia non era affatto scontata, e per qualcuno, all'interno della stessa Chiesa, non lo è neppure oggi. È un punto chiave, e il fatto che nel testo sia riaffermata sempre anche la visione religiosa cristiana e cattolica, e si ribadisca che «la libertà è pienamente valorizzata solo dall'accettazione della verità, perché in un mondo senza verità la libertà perde la su.a consistenza» (n.46), non toglie valore alla dichiarazione di principio. Essa non è contraddetta, in uno spirito di vera «laicità», dalla convinzione della verità delle proprie idee, ma dalla pretesa che queste debbano affermarsi non per convinzione libera, ma con la forza del potere, o addirittura della violenza e delle armi. A me pare che molte obiezioni di parte laica, su questo punto, e penso ai commenti, tra gli altri, di Lucio Colletti, siano dovute ad una confusione tra laicità e mancanza di convinzioni ferme e di certezze. Perciò credo che non sia mai il caso di dimenticare che laicità non indica dei contenuti, ma un metodo di aff ermazione delle proprie convinzioni, e la scelta dei mezzi che servono per affermarle e per diffonderle. Credo che su questo terreno ci sia, sul serio, da noi, la possibilità non solo di dialogo, ma di vero incontro, anche tra chi ha visioni diverse della vita e in particolare della religione. Ma è certo che i pregiudizi, sui due fronti, sono duri a morire. Da parte sua la Chiesa cattolica ha chiaramente affermato la sua scelta per il metodo della libertà, anche se al suo interno spesso esso non è praticato, e ha messo fuori i Lefebvre e i nostalgici delle verità imposte con la forza delle armi e del potere. Sul versante della cultura laica, invece, il pregiudizio è ancora duro a morire, e si è manifestato con forza anche in occasione di questa enciclica. Peccato! 3 - LaChiesae i socialismi.Un discorsodiversificato. Un argomento toccato e sviluppato dalla «Centesimus Annus» è quello ell'atteggiamento della Chiesa nei confronti del socialismo. Per i riferimenti alla «Rerum Novarum», come detto, il discorso era chiaro. Quel socialismo del 1891, allora unico e tendenzialmente sovvertitore di ogni ordine, e che non apportava alcun rimedio ai mali che pur denunciava, non poteva che essere avversato dalla Chiesa. Ma l'autore della «Centesimus Annus» ha conosciuto anche, e soprattutto, il «socialismo reale» del comunismo coloniale sovietico. La condanna di quel socialismo viene dal1 'interno non solo dell'analisi dottrinale, ma della stessa esperienza personale e collettiva di chi l'ha conosciuto e sperimentato. Quel socialismo realizzato è fallito totalmente. Ai nn. 13 e 41 Giovanni Paolo II analizza il socialismo ideologicamente marxista e politicamente attuato nella forma leninista, e afferma che il suo «errore fondamentale è di carattere antropologico», giacché esso nega l'autonomia della persona umana, distorce e sacrifica l'esercizio di tutte le libertà, a partire da quella di coscienza e di religione, e comprime fino alla negazione l'autonomia e l'espressione delle «diverse soggettività» sociali, sindacati, associazioni e movimenti operai compresi. La realtà di tutte le esperienze storiche del comunismo ha manifestato non solo la sua inefficacia per risolvere i problemi che avevano causato il suo sorgere, ma il fatto che esso si sia ovunque risolto con un danno maggiore di quelli che diceva di voler soccorrere, cioè proprio i proletari e i poveri è la dimostrazione, - afferma Giovanni Paolo II -, che Leone XIII aveva capito la verità fino dal secolo scorso. Ma quel socialismo oggi non esiste più, almeno sul teatro europeo, e l'intero capitolo III dell'enciclica è dedicato all'anno 1989, ai suoi esiti e anche ai rischi, - disperazione, miseria,

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