i)JJ, BIANCO lXltROSSO Uiiiil•P chiamati ora ad intervenire sui problemi dei minori anche in ambito penale «in ogni stato e grado del procedimento» (art. 6), dopo le difficoltà e i conflitti di competenza sorti già a partire dal Dpr 616/1977. Un'operazione ancora più ardua se si pensa che il nuovo codice di procedura penale per i minori ha fortemente limitato il ricorso alla custodia e all'internamento in carcere, prevedendo una serie di misure e di programmi alternativi. La «comunità» e la «permanenza in casa» avrebbero dovuto rappresentare l'alternativa al carcere, per evitare il prematuro rapporto del minore con una istituzione totalizzante e soprattutto assicurare al minore il proseguimento delle sue attività di studio e di lavoro. Accanto a queste disposizioni, previste per i reati con un determinato limite di pena, sono state ipotizzate una serie di servizi e di programmi di intervento atti a colmare il vuoto esistente a livello di strutture e di progetti per gli adolescenti, non soltanto sul versante del trattamento e della gestione di un «problema», quanto soprattutto in funzione preventiva al problema stesso. A distanza di un anno dall'entrata in vigore della riforma i progetti previsti sono rimasti sulla carta. Nel Lazio funzionano solo tre comunità con la capacità di ospitare fino ad un massimo di diciassette ragazzi. Tali centri hanno dimostrato di funzionare come luoghi di parcheggio, specialmente. per i minorenni nomadi e per gli extracomunitari, i quali spesso si allontanano dalla comunità alla prima occasione, facendo scattare un provvedimento di custodia cautelare in carcere. Tra l'altro lariforma, tendendo a recuperare e a valorizzare il più possibile l'ambiente socio-familiare, non ha tenuto conto che la maggior parte dei minorenni imputati non possono contare su tale risorsa. Problema di non facile soluzione è proprio il tipo di utenza che entra nel circuito della giustizia, caratterizzata sempre di più da ragazzi appartenenti a minoranze etniche e di colore. Se non saranno programmati interventi specifici che tengano conto delle differenze etniche, culturali e religiose, il rischio è che il carcere rimanga il principale strumento di contenimento e di controllo di un problema sociale di vaste dimensioni che necessita di risposte puntuali e di più ampio respiro. A ciò si aggiungano le critiche e le perplessità dell'opinione pubblica di fronte al mancato intervento e all'impunità di ragazzi accusati di - - --"'- - - - - - - - - - 11 Molinaio - Caneggio (Val Muggia) reati di piccola entità, furti, borseggi, ma che destano notevole allarme sociale e una maggiore disponibilità alla denuncia e alla richiesta di sanzione. È così che il Governo con un Decreto legislativo del gennaio scorso, ha scelto di intervenire riaprendo il carcere ad una serie di reati per i quali non era più previsto, preferendo la strada della repressione piuttosto che quella della prevenzione. Il carcere minorile di Casal del Marmo è tornato ad «ospitare» una media di 3 ragazzi al giorno come nel periodo antecedente alla riforma. Una realtà inevitabile se si pensa che nel Lazio la situazione dei servizi sociali è assolutamente disastrosa. L'ufficio interventi civili della Procura per i minorenni di Roma ha rilevato che il 70% dei comuni di questa regione, con la sola eccezione di Roma, non ha propri servizi sociali; sono in tutto 19 gli assistenti sociali che operano nel Lazio e si occupano della condizione minorile, nessun assistente sociale nelle provincie di Frosinone e di Rieti.
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