Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 15/16 - apr./mag. 1991

~!I. Bl,\NCO ~JI.HOSSO iii•iil•P Quale dopo-guerra? La chiave è in Palestina di Igor Man L a Guerra del Golfo è cominciata come una guerra laica. A metà strada s'è fatta islamica e adesso che è fini\a va distinguendosi sempre di più come una guerra politica. Ma il / allout della guerra minaccia di avere "conseguenze religiose" in campo politico. Gli è che il cosiddetto risveglio islamico, ch'era sembrato assopirsi dopo la scarica di adrenalina della rivoluzione khomeinista, s'è ridestato nell'ultimo biennio nel Maghreb e oggi sembra far rifornimento di propellente (l'odio verso Dor al-Harb, il mondo degli infedeli) nel bunker di Saddam Hussein, spacciato da abili apprendisti stregoni per un (nuovo) Saladino in lotta contro la (nuova) Crociata del neocolonialismo. (Un falso Saladino che annuncia il pluripartitismo nel timore che i O.I., in lenta ma costante marcia di avvicinamento a Baghdad, lo mettano k.o., così come pretendono i falchi di Gerusalemme). Saddam sarà un cialtrone sanguinario, lui, il fosco impiccatore di comunisti e di ebrei, ma dobbiamo renderci conto che la disfatta irachena rappresenta un disastro senza precedenti per il sogno unitario arabo. La Grande Nazione Araba è andata in pezzi. E non sarà certo la Lega Araba nel suo look cairota a restaurarla. Dobbiamo renderci conto che poiché dalla guerra escono rafforzati tre paesi, tutti non arabi (Israele, l'Iran, la Turchia), il sogno ossessivo della rivincita araba sull'Occidente si ripropone un quarto di secolo dopo Nasser epperò senza Nasser il quale, a modo suo, era un progressista laico. Da qui la necessità di far capire agli spiriti liberi arabi che Claude Imbert definisce "coloro che inventano l'avvenire", che la Guerra del Golfo è in realtà la sconfitta vergognosa d'un tiranno paranoico e mediocre il quale non ha nulla da spartire con l'Islam, con il socialismo. Non ci sarà bisogno, per far trionfare la ragione, per aiutare gli spiriti liberi arabi a prendere coscienza della realtà, di impiegare l'alta tecnologia. Basterà affidarsi a una semplice bilancia, quella della giustizia storica. Per rendere, appunto, giustizia ai palestinesi, alle infinite legioni del lumpenproletariat arabo, dal Golfo all'Atlantico. Ma per riuscire in una simile impresa bisognerà innanzitutto cercare di capire il linguaggio politico dell'Islam. Distinguendo tra fondamentalismo e integralismo. Una cosa è il richiamo, legittimo, alle fonti della cultura religiosa islamica, il tentativo di recuperare valori fondamentali stravolti dal consumismo gabellato per progresso; altra cosa è l'integralismo che manipolando spregiudicatamente il Corano cerca di allargare l'abisso fra Occidente e Islam. Quell'abisso che tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento sembrò sul punto di colmarsi con l'avvento del modernismo musulmano. Quel sommo arabista ch'è il nostro Francesco Gabrieli, forse il più illuminato di tutti, ci apprende come il modernismo musulmano "fu irenico, eticamente elevato, permeato di cultura europea (... ) L'Europa non fu più il nemico da ignorare o da combattere, ma la creatrice di una nuova civiltà in cui anche l'Islam, nelle sue più pure sorgenti, rivendica la sua disponibilità e la sua parte''. • • • Bush ha rinunciato al proposito di eliminare fisicamente Saddam Hussein per non sacrificare Gorbaciov sull'altare della vecchia Armata Rossa schieratasi sin dal primo momento col dittatore mesopotamico. (Si vuole addirittura che il piano d'invasione del Kuwait sia opera di un noto generale sovietico). La decisione di Bush è stata senz'altro saggia e c'è da sperare eh' egli non si faccia irretire da suggeritori improvvidi, predicatori interessati del "tanto peggio tanto meglio". Un Saddam

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