mero (anche quando si è presentata come esigenza a riappropriarsi della qualità della vita), come abbiamo visto avvenire negli anni ottanta. La ricerca e richiesta di lavoro della donna contemporanea sembra caratterizzata da una forte spinta alla autorealizzazione ed all'autoreferenza rispetto al sistema esterno: le donne vogliono lavorare, ma sapendo con quali possibilità, per quali vantaggi, disposte ad "allearsi" con le aziende, con i partiti e le associazio- .{)JLBIANCO lXltROSSO • Ihliii)di i ii t11~•11ii nostante che le spinte verso questo tipo di solidarietà siano forti, nella pratica sperimentiamo che il traguardo è ancora molto lontano. Tra i tanti ostacoli quelli "culturali" mi sembrano i più difficili da affrontare: è veramente arduo progettare la "solidarietà", perché il mettere insieme degli obiettivi, il rendere compatibili le esigenze, il confrontare i disegni di lavoro e di vita presuppone la consapevolezza, conoscenza-elaborazione, dei propri modi ni, a rendere compatibili i propri obiettivi con quelli delle organizzazioni, a stabilire con il contesto una relazione circolare, elastica e libera, ma non per questo disimpegnata. Le esperienze di lavoro delle donne e le esperienze organizzative presentano intrecci stretti e tanti punti di contatto. Infatti l'organizzazione contemporanea, caratterizzata dalla flessibilità, dalle "reti", dalle "matrici", dalla "qualità", necessita di persone in grado di attivare le suddette caratteristiche, ed esse lo fanno solo ed in quanto le vivono come valori. Se il lavoro ha assunto un ruolo importante in vista della autoespressione, le organizzaPlacche di avorio intagliato, Cairo, Egitto, Xl secolo zioni sono diventate dei contesti importantissimi per i significati autorealizzativi perseguiti dalle donne alla ricerca di spazi dove costruire delle identità. Data questa "prossimità" di interessi si può, senza sognare, pensare ad una feconda alleanza tra donne e organizzazioni; la crescita dei processi di "alleanza" presuppone una solidarietà organizzativa, sia come modello euristico, sia come modello gestionale. Nodi essere. Lo sviluppo dei processi di alleanza-solidarietà passa attraverso la conoscenza profonda dei propri mondi interni, attraverso l'autoreferenza e l'auto-decisione. Si capisce come molte donne abbiano seguito e seguano strade più semplici, come quella di concepire il lavoro professionale come un universo "neutro" ostile alle donne che non hanno partecipato alla sua definizione, come quella di concepire la cultura del lavoro nondialogica, sostanzialmente esterna ai soggetti, modificabile con misure esse stesse esterne, vedi leggi più intelligenti e ingresso in "massa" delle donne nel lavoro, professionale e politico. Le teorie organizzative, nell'intento di problematizzare il rapporto tra soggetti e organizzazioni, hanno riflettuto in questi ultimi tempi sui "valori", sull'etica del lavoro in particolare, e ciò è servito molto per sensibilizzare sul valore "solidarietà". Ma si tratta di teorie razionalizzanti, che non aiutano chi volesse elaborare un proprio bilancio professionale, di capacità e di volontà, di teorie che spostano sempre all'esterno le risposte e le responsabilità. Per costruire e realizzare una qualità della solidarietà alta e gratificante è necessario il cambiamento culturale delle singolepersone oltre che della società. Se le donne adotteranno lo scambio solidaristico come nuovo "senso" del lavoro, dovranno mettersi in relazione conversativa, dialogante, con gli obiettivi-valori delle comunità alle quali appartengono, siano esse organizzazioni professionali, politiche, sociali. Troveranno allora inadatte modalità di rapporto quali la conflittualità, la rivendicazione, la emancipazione, la separatezza e forse anche l'affermazione di "genere": troveremo, noi donne, in questo bagaglio strumenti preziosi per arrivare alla nuova frontiera, ma consapevoli che nessuno di essi è la frontiera. Vorrei chiamare questa frontiera solidarietà, e riferirla all'idea che essa non è la scoperta di una realtà esterna, ma la costruzione del nostro soggettivo progetto sociale, del nostro rapporto di ''amicizia'' col lavoro.
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