Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 15/16 - apr./mag. 1991

i.l.lL BIAI\CO l.XILROSSO ilii Bu4i l ii tiMhii Donne e lavoro: obiettivo solidarietà I n occasione della ricorrenza dell' 8 marzo 1991, Vasso Papandreu, presidente della Commissione politiche sociali della Cee, parlando ad una adunanza di parlamentari socialiste, ha tracciato, a Bruxelles, questo bilancio della donna europea nel mondo del lavoro: il lavoro part time è svolto quasi interamente da donne ed è cresciuto negli ultimi cinque anni dal 3% al 28%; la disoccupazione femminile è doppia rispetto a quella maschile, 11% contro il 6%; la disoccupazione delle giovani donne è in aumento continuo, sottostimata dal fatto che molte di esse non sono registrate presso gli uffici del lavoro, critica essendo di lunga durata. La situazione è ancora più problematica poiché il lavoro delle donne è concentrato nei settori meno qualificati delle confezioni, dell'alimentazione, dei servizi a).le persone, del terziario povero e dell'assistenza. Le remunerazioni sono del 25/30% più basse rispetto a quelle degli uomini che occupano le stesse posizioni; nei settori tecnologicamente avanzati la presenza femminile è debole, la rappresentanza femminile nei luoghi di lavoro non aumenta neanche a seguito di misure e strumenti di sostegno. Un ventennio di lotte e conquiste, almeno formali, per la parità giuridica, per il salario uguale, per le pari opportunità, un ventennio attraversato dalle battaglie civili per la emancipazione, per il diritto ad avere una vita professionale oltre che privata e domestica, ci pone di fronte al paradosso di quanto poco sia càmbiata in apparenza la condizione della donna che lavora. Vengono indicate, in alcuni paesi per la verità sono già in atto, grazie alla presenza nelle sedi istituzionali di Commissioni ad hoc o di leggi approdi Luisa Saba priate misure innovative di grande respiro, come la promozione di scelte scolastiche più ricche di futuro per le donne, come le azioni positive all'interno delle aziende per correggere gli squilibri tra lavoratori e lavoratrici, come i programmi di formazione per aiutare le donne con basse qualifiche professionali. Lo strumento delle quote, percentuali concordate di rappresentanza femminile che favoriscono, in alcuni casi consentono la presenza delle donne alle assemblee elettive ed alla composizione delle strutture nelle organizzazioni, - visto nel passato con sospetto ed ostilità - finalmente è riconosciuto come una espressione di democrazia partecipativa. Sembra incontrovertibile che in una società democratica non debbano avere spazio discriminazioni sulla partecipazione alla vita pubblica, e debbano venir promosse tutte quelle "forme" ed iniziative che assicurino la partecipazione medesima (basti ricordare che il movimento delle suffragette nasce in Inghilterra per lottare contro l'esclusione delle don.ne dal voto "democratico"). Nella Europa comunitaria nessuno più oggi pensa che il voto delle donne debba essere contestato ma, di più, chi ha potuto sperimentare lo strumento delle quote e quello delle pari opportunità, conviene sul giudizio che si tratti di misure efficacissime per rafforzare la democrazia politica e quella economica. Grazie alle quote che permettono l'accesso di forze femminili "fresche" partiti ed associazioni vitalizzano le loro strutture e riescono a modificare il loro modo di operare. Con le azioni positive per le donne che lavorano, diverse aziende hanno rimediato all 'assenza di una politica di sviluppo delle risorse umane, trovando e formando mano d'opera e quadri che il mercato maschile non offriva più; le organizzazioni sindacali più attente hanno individuato in queste azioni una nuova linea di relazioni industriali. Purtroppo quote ed azioni positive sono state anche fonte di discordia, oggetto di contrapposizioni ideologiche tra garantisti e non, e solo ora, a dieci anni dalla loro introduzione, sembra dischiudersi un orizzonte di ragionevolezza sull'analisi della loro natura. Si tratta di mezzi di partecipazione che aprono alle donne l'accesso al mercato del lavoro ed al mercato politico e ne rendono attuabile il loro buon funzionamento. Poco tuttavia questo quadro ci dice sulle strategie di "scambio" delle donne col lavoro, di ciò che le spinge a stringere patti diversi col lavoro in diverse fasi della vita, della polivalenza operativa che esse esplicano, delle loro carriere "orizzontali", atteggiamenti e fatti che le statistiche non raccolgono. Dobbiamo cercare in uno scenario sociale le ragioni di uno "scambio" che si presenta con caratteri di indubbia novità: cerco di illustrare alcuni orientamenti significativi che emergono da una serie di ricerche qualitative e azioni formative condotte dalla associazione Progetto Donna, che si occupa di "autopromozione" femminile e che svolge funzibne di Job-center nel Lazio ed in Emilia Romagna. Emerge da queste ricerche e da numerosi corsi che la richiesta di lavoro da parte delle donne non risponde più a bisogni totalizzanti cosl come abbiamo visto avvenire negli anni sessantasettanta, o ai bisogni strumentali di una cultura che ha privilegiato l'effi-

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