fonda rivisitazione della politica, dei suoi valori, della sua struttura, delle sue anomalie. Trovare nuove regole del gioco dove la democrazia sia non solo la caratteristica della forma di governo ma un metodo che si diffonde nel sociale e regoli i rapporti tra i vari soggetti espressioni della società civile è il compito storico che assilla le nuove democrazie. Sulle recenti democrazie stanno confluendo con una carica dirompente nuove domande e tante pressioni non di rado di natura centripeta. Alle nuove domande sui problemi dell'ambiente e delle condizioni di vita nelle degradate città si aggiungono il bisogno di regolare diversamente il rapporto tra Stato, partiti e società civile; in particolare si avverte il bisogno di non assolutizzare come nel passato il momento della mediazione attraverso la monotonia logica dei partiti (Cile, Uruguay) o, peggio ancora, dello Stato (Brasile e in parte Argentina). La quarta sfida è quella che riguarda piùspecificamenteil ruolo deimovimenti sociali e in particolare del movimento sindacale.Per quanto riguarda quest'ultimonon c'è dubbio che ilconsolidamento democratico dipenderà anche dalla forma che assumerà l'azione rivendicativa e conflittuale. In alcuni paesi il sindacalismo è impegnato nel rafforzamento degli istituti democratici, adeguando rivendicazionicongiunturale e strategica a tale obiettivo. Ma non è un mistero per i>!L BIANCO l.XltROSSO iIil B11di i iitiM itii nessuno che in diversi paesi il sindacalismo è inveceun elemento dirompente di instabilità democratica. Forse più che a qualsiasi altro fattore sociale, questa fase di transizione democratica pone al movimento sindacale notevole difficoltà. Gli ultimi venti anni hanno visto ovunque un forte arretramento nelle condizioni di lavoro. Le spinte neoliberistiche si sono imposte anche nei paesi che non hanno subito il dominio dei regimi militari, la privatizzazione dei sistemi sanitari, della previdenza sociale, l'intensificazione dei ritmi e degli orari di lavoro, le radicali trasformazioni del salario e dei diritti negoziali sono alcuni esempi di cambiamenti peggiorativi in tutto il sistema dei rapporti di lavoro. Vi è poi una quinta sfida ed è quella di natura istituzionale. Cambiare le istituzioni autoritarie non è stato facilee in alcuni casi il compito si rileva ogni giorni assai più difficile. La transizione su questo piano è più lenta e delicata e la strada è irta di ostacoli e trabocchetti. La democrazia per cambiare le regole del gioco ha bisogno di grandi maggioranze, chenon ha, anche laddove la transizione si sta svolgendo in modo ordinato e con successo, come nel caso del Cile. Tale cambiamento si sta svolgendo attraverso lunghi processi di negoziazione, in modo graduale e senza l'esclusione delle destre politiche e militari. Ma vi è un'ulteriore minaccia alla costruzione del nuovo ordine, e si tratta della cultura antidemocratica che esiste nelle forze armate e nelle classi che hanno il controllo dei grandi capitali. Le forze armate, superata la fase di debolezza che attraversarono nella prima fase della transizione democratica, hanno ripristinato interamente la propria forza e autonomia gerarchica e organizzativa. La cultura delle forze armate, fondata sulla sfiducia nellé forme di rappresentanza politica, sul rifiuto del conflitto sociale visto come male in sé, sulla convinzione di essere l'unico "supporto morale e spirituale della nazionalità", resiste inalterata anche perché sorretta da sistemi prussiani di gerarchizzazione e di disciplina assai radicati e dalla dipendenza dal sistema militare "emisferico" egemonizzato dagli Stati Uniti. Da parte loro, le classi capitalistiche latino americane hanno una storica inclinazione verso le forme politiche autoritarie come principale meccanismo di tutela dei propri interessi. È vero che non sempre questi settori privilegiano il potere militare, ma vi ricorrono ogni qualvolta la propria capacità di egemonia viene messa in discussione. L'una e l'altra minaccia rappresentano dunque ulteriori elementi di preoccupazione per il consolidamento della democrazia nell'America latina. 1992: America più lontana? L a celebrazione del Quinto Centenario della "Conquista" (o "Scoperta" per gli immarcescibili presuntuosi) cade nella fase di minore "attenzione" dell'Europa per l' America Latina. Il Vecchio Continente è distratto da un succedersi così rapido ed incalzante di eventi da far sembrare di Gianni Arrigo lenti e noiosi anche i più concitati "thriller". La storia passa in televisione in tempo reale, tra una réclame di pannolini e un varietà demenziale: solo l'altroieri i berlinesi dell'Est e dell'Ovest tornavano a far parte di una sola Germania. Solo ieri è cessata la guerra in Mesopotamia. Oggi arrivano migliaia di profughi dall'Albania. Sono i pionieri di una immigrazione dall'Oriente prossimo (europeo e non) che si annuncia di dimensioni bibliche (sarà stata utile la "lezione" di Brindisi? Quanti altri Lattanzio saranno preposti al governo di questa delicatissima questione?).
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