Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 15/16 - apr./mag. 1991

chiedere un'azione immediata. Dalla crisi del Kuwait si possono dedurre tre importanti considerazioni che spiegano d'altronde la mobilitazione internazionale e sopratutto la mobilitazione massiccia degli Stati Uniti: - Gli Stati Uniti si sono rivelati come la sola vera super potenza del pianeta. - La comparsa di una grande potenza regionale araba, in grado di dominare il mondo arabo con le sue ricchezze, il suo potenziale umano e militare, ha costituito una prospettiva ritenuta troppo inquietante in ragione dei rischi che essa rappresenta per l'ordine regionale. - La proliferazione massiccia di armi chimiche, balistiche e nucleari in un contesto politico regionale particolarmente esplosivo, costituisce un gravissimo problema di difficile gestione anche a medio termine. Per il momento, il rischio che il disarmo del Nord diventi il riarmo del Sud appare probabile, poiché la crisi ha accelerato le consegne militari ai paesi del Golfo e l'aiuto militare americano ad Israele. L'unica soluzione per regolare complessivamente i problemi del Vicino Oriente appare l'idea di una Conferenza Internazionale per il Vicino e Medio Oriente che porti alla soluzione del problema palestinese e nello stesso tempo alla liberazione del Libano dalle forze di occupazione. Una simile soluzione costituirebbe una affermazione del diritto internazionale e, nello stesso tempo, permetterebbe ai paesi mediterranei di intraprendere delle iniziative più costruttive per la pace e la sicurezza. 1. Israele La crisi politica che ha attraversato Israele dall'inizio del 1990 è stata la più lunga e la più grande della sua storia. Questa crisi si è conclusa con la formazione di un governo di destra (alleanza della Likud con sei piccoli partiti, tre di estrema destra e tre religiosi). Per la prima volta dagli anni '80, Israele non è più retta da un governo di coalizione laburisti/Likud. La rottura è dovuta essenzialmente alle divergenze sulla risposta da dare al piano del Segretario di Stato americano James Baker (marzo 1990) che prevede l'apertura di un dialogo israelo-palestinese al Cairo sul- ~-t.t BIANCO l.XILROSSO i NR•iiti 411• iitiMhii Pellegrino in lettura l'avvenire dei territori occupati e la preparazione delle elezioni in Cisgiordania e a Gaza. Altri due avvenimenti hanno inoltre dominato la scena politica. L'Intifada nei territori occupati, che entrerà tra breve nel suo quarto anno di vita, e l'immigrazione massiccia degli ebrei sovietici. L'Intifada è proseguita senza tregua e parallelamente, la repressione è divenuta sempre più brutale (sono già parecchie centinaia le vittime palestinesi cosi come le vittime israeliane fino al giugno 1990). Nello stesso tempo, il blocco delle trattative diplomatiche ed il prolungamento dell'Intifada in Cisgiordania e a Gaza hanno preoccupanti conseguenze per Israele per quanto riguarda le sue relazioni con l'amministrazione americana. Verso la fine del 1989, l'immigrazione degli ebrei provenienti dall'Urss è diventata sempre più massiccia, 12.900 immigrati registrati nel 1989. Nel primo semestre del 1990 il numero degli immigrati è salito a 48.276. Le previsioni annunciano, per il 1990, circa 100.000 immigranti ebrei di origine sovietica. Le conseguenze, sul piano economico e politico, di questa immigrazione sono ancora incerte; quel che è certo è che il costo per la loro integrazione sarà molto elevato. Israele, tuttavia, ha dato un'assoluta priorità finanziaria a questo problema e fa affidamento sul consenso nazionale. Il partito laburista israeliano si distacca dalle posizioni del governo e pone delle riserve sull'insediamento nei territori occupati. Sul piano economico, si sono registrati nel 1989 segni di recessione con una crescita dell' 1 OJo, un tasso di disoccupazione del 90/oe un'inflazione intorno al 200/o. Israele deve fare un grande sforzo finanziario, valutato in diverse centinaia di milioni di dollari, per creare alloggi e dare un'occupazione agli immigranti sovietici. 2. Siria La Siria rimane fortemente implicata nel conflitto libanese. L'accordo di Taef, firmato dai deputati libanesi il 22 ottobre 1989, è stato considerato una vittoria da parte del,la Siria che si è assicurata così la sua presenza nel Libano. La ripresa delle relazioni diplomatiche con l'Egitto, il 27 dicembre 1989, ha rafforzato la posizione siriana nel contesto della regione. L'economia è sempre molto fragile, aggravata da una drammatica siccità e dall'interruzione, da parte della Turchia, del passaggio delle acque dell'Eufrate. L'economia siriana presenta una crescita del 3,6% con un debito estero stimato a 7 miliardi di dollari e un tasso di inflazione del 60%. La Cee fornisce alla Siria il 36,3% del volume globale delle sue importazioni e l'Italia resta il principale cliente assorbendo circa il 20% delle sue esportazioni. 3. Giordania Dopo violente sommosse nell'aprile 1989 e dopo 22 anni senza elezioni, il governo ha deciso di indire elezioni legislative nel novembre 1989 e di risanare l'economia del paese. Queste elezioni hanno visto prevalere il partito islamico che occupa 31 degli 80 seggi. La Giordania è stata particolarmente coinvolta nella crisi del Golfo e dalle conseguenze per il suo esito. Malgrado la nuova politica di democratizzazione tendente a rafforzare politicamente ed economicamente il paese, la situazione economica è molto pesante. Il tasso di disoccupazione supera il 20% e il tasso di inflazione è del 26%. Il pagamento dilazionato del de-

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