~--'-" m. \1':( :o '-XII.HOSSO iii•iilib Basmalah, Turchia, secolo Xlii Non ci si faccia illusioni, scrive Cazzola, "la mutazione è avvenuta, al sindacalismo confederale hanno rubato l'animo". Cosa se non di questa trasformazione, notano in molti, sono testimoni i fenomeni di leadership rivendicativa assunti da ampi settori del pubblico impiego? I limiti della dirigenza sindacale non sono tuttavia taciuti. La inadeguatezza della ricerca ed i limiti culturali sono ricordati da Vinci; Morelli mette l'accento invece sull'assenza di coraggio e di capacità di coordinamento. Un impegno di ricerca e di capacità di coordinamento. Un impegno di ricerca ed una nuova cultura che sarebbero necessari per assumere decisioni secondo la logica della responsabilità (Fassin). Certo alle origini delle difficoltà sono da taluni sottolineate le divisioni apparse drammaticamente nel corso del decennio '80 (Amoretti), con le connesse cadute di autonomia (Mariani). Ma nel complesso, si potrebbe notare, tale divisioni sono ritenute più effetti che cause del declino. La necessità di un nuovo progetto strategico (Filippi), non più segnato dal "minimalismo" (Viviani), è ricordata in non pochi interventi, animati da una non celata insoddisfazione per la inadeguatezza del presente. In generale, e questo, visto il tempo che tira non è così scontato, la validità del modello confederale è pienamente riconfermato. L'unica eccezione, invero un poco stonata, è costituita dall'intervento di Pomari, una sorta di manifesto per un sindacato "estremista di mercato". Il modello confederale è visto come l'unico in grado nella società post-industriale di riconfermare o di affermare la cittadinanza del lavoro (su questo chiaramente D' Antoni e Restrelli e, con qualche distinguo sui rapporti fra pubblico e privato, Tittarelli). "Più capitalismo, quindi più sindacato" dice efficacemente Merli Brandini, da incallito pluralista. Una validità, tuttavia, che per essere riaff ermata ha bisogno di una forte ridefinizione della solidarietà (Perego, Polverari). Una solidarietà che non può più rifarsi esclusivamente alla classe, ma piuttosto a ''responsabilità individuali e collettive". Ed una solidarietà che ha bisogno di una sua esplicitazione. Specie attraverso una affermazione di criteri di equità dotati di "regole visibili" che permettano di governare le rincorse rivendicative (Baglioni,
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