Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 15/16 - apr./mag. 1991

re, della dignità, della fierezza. Al di là della differenza tra culture e sistemi di valori, che certamente esiste, questa interpretazione corrisponde più alla ricerca di un alibi che a una seria analisi delle cause che hanno, in questa come in precedenti occasioni, messo a nudo una lacerazione preesistente. Infatti,. da un lato l'Occidente invoca il diritto internazionale, cioè una concezione giuridica sviluppatasi al suo interno, e ha la forza per imporlo; dall'altro, non le Nazioni, ma larghi str:ati della società araba esprimono un rifiuto che si fonda su ragioni economiche e politiche perfettamente coerenti con la logica occidentale. Alla rivendicazione globale del Sud nei confronti del Nord si uniscono cioè rivendicazioni determinate da evidenti ingiustizie, compiute da chi vuole oggi imporre, nuovamente e con la forza, la propria legge: esse sono la colonizzazione, la creazione dello stato di Israele con l'espulsione e la successiva oppressione dei palestinesi, la guerra di Algeria, l'aggressione tripartita a Suez nel '56 seguita dalle guerre araboisraeliane e dalla occupazione dei territori di Palestina e Libano, il sostegno economico e militare fornito a Israele da America ed Europa, e, infine, la guerra del Golfo a seguito delle risoluzioni dell'Onu, che trovano in questo caso immediata applicazione, a differenza della 242 e di tutte le altre risoluzioni successive relative a Israele che sono state viceversa ignorate per anni o per decenni. Si deve, infine, considerare che molte economie arabe sono state colpite dalla crisi del Golfo, assai più gravemente di quanto non sia accaduto a quelle dei paesi occidentali. Sia per questa ragione sia perché tali effetti sono poco analizzati e ancor meno diffusi presso di noi, tenterò di delinearne le caratteristiche principali e di fornire qualche elemento di previsione, con un rapidissimo escursus dei principali paesi arabi, che è poco utile aggregare a causa delle profonde differenze. Marocco La crisi del Golfo esercita gravi effetti negativi a causa della elevata dipendenza energetica, della perdita delle rimesse di 36.000 lavoratori marocchini emigrati in Iraq e in Kuwait, delle i.>!1,Bl.\~CO l.XII.HOSSO 11#1h1ld mancate esportazioni negli stessi paesi, dell'inesigibilità dei crediti verso l'Iraq, della riduzione dei flussi turistici di provenienza occidentale, di spese addizionali per il Tesoro. La crisi si innesta per di più su un andamento poco favorevole dell'agricoltura nel 1990 e sul deficit della bilancia commerciale registrato nel 1989 dopo due anni positivi. Al peggioramento economico nel breve periodo seguirà una parziale compensazione per effetto dei finanziamenti di emergenza, che, stante la posizione adottata nella crisi del Golfo dovrebbe corrispondere a circa il 200Jo dello stanziamento globale di 13 miliardi di dollari. L'assegnazione di tali finanziamenti, in modo incondizionato ed al settore pubblico, potrà determinare un ulteriore squilibrio nei rapporti con il settore privato e un freno al progresso delle riforme economiche, forse temperato dall'azione degli organismi multilaterali e dall'applicazione del piano Brady prevista per il 1991 che ridurrà sia lo stock che il servizio del debito. Nel 1990 l'interscambio con l'Italia ha registrato una crescita sia delle esportazioni che delle importazioni marocchine, rispettivamente del 16 e del 140Jo. Algeria All'aumento del prezzo degli idrocarburi ha corrisposto un aumento delle entrate del 36%, con conseguente riduzione dei vincoli finanziari e corrispondente accelerazione delle riforme economiche. Il settore agricolo ha dato però risultati negativi e quello industriale risultati modesti. Nel 1990 è entrata in vigore una nuova legge sul credito che ha liberalizzato gli investimenti stranieri, esteso l'autonomia degli istituti bancari e eliminato il monopolio statale del commercio con l'estero. Se le entrate si mantenessero ai livelli dell'anno scorso dovrebbero essere realizzabili i seguenti obiettivi: riduzione del servizio del debito con eliminazione degli arretrati e rifinanziamento senza ristrutturazione, ricostituzione delle riserve valutarie in funzione di una futura convertibilità del dinaro, risanamento o eliminazione delle imprese pubbliche, protezione delle classi povere colpite dal livello dell'inflazione (14% su base annua) e dalla svalutazione del dinaro (pari al SOOJo. Dal 1 ° gennaio l'Algeria ha formalmente optato per l'economia di mercato. Le banche impostano accordi con partners internazionali e le imprese, pubbliche e private, negoziano accordi di joint-venture e di agenzia. La bilancia dei conti correnti ha registrato un surplus di 800 milioni nel '90 e nel '91 si prevede una crescita del Pii in termini reali del 4,70Jo e la creazione di 30-35.000 nuovi posti di lavoro. Tunisia La Tunisia nel 1989 aveva superato una fase di rallentamento, aveva realizzato una crescita del Pii del 3, 5 OJo e ne prevedeva un aumento del 5% nel 1990e del + 5,20Jonel 1991. L'impatto della crisi (drastica riduzione del turismo, cessazione delle esportazioni verso Iraq e Kuwait, riduzione delle rimesse, perdita degli investimenti del Golfo, ecc.), valutato inizialmente in un danno di 412 milioni di dollari, deve essere rivisto al rialzo. La crisi ha conseguentemente ridotto le prospettive di crescita per il '91 che vengono attualmente stimate in + 4,5% e prodotto difficoltà della bilancia dei pagamenti oltre a un aumento tendenziale del tasso di inflazione. Le relazioni con il Golfo si sono raffreddate, così come quelle con gli Usa. In definitiva la crisi deprime il profilo della congiuntura ma non modifica la politica economica del paese. L'azione di aggiustamento strutturale e il piano di liberalizzazione continuano, mentre continuano le prospettive di crescita dell'export sono in parte assegnate al progresso dell'Urna che aprirebbe i mercati libico e algerino. L'atteggiamento assunto dall'opinione pubblica durante la crisi del Golfo, in Tunisia come in Algeria e Marocco, dovrebbe indurre la Ce (Comunità europea) ad accelerare e rendere più incisiva la sua azione di sostegno alla Comunità Maghrebina e ai paesi che ne fanno parte. In realtà la Ce ha avviato una revisione della sua politica mediterranea anche in relazione al fenomeno dell'immigrazione e ha ampliato i finanziamenti in misura tuttavia insufficiente rispetto alla dimensione dei problemi. La Tunisa è un partner importante

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