Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 15/16 - apr./mag. 1991

fetti devastanti degli stereotipi. Ecco, al di là della cronaca e degli avvenimenti, le cause profonde, storiche e, ahimè, sempre attuali, di un malinteso che crea rotture. Le vie del dialogo Per mitigare questi traumatismi ai quali la guerra del Golfo e il dopo guerra rischiano di dare nuovo e più nefasto vigore, occorre, fin da oggi, riflettere per porre le basi di una azione nuova, destinata a privilegiare il trattamento in profondità delle cause piuttosto che accontentarsi di accompagnare il riassestamento superficiale degli effetti. L'Europa avrà, su tre piani: politico, economico e culturale, un ruolo importante da svolgere. Sul piano politico: al di là della liberazione del Kuwait, la cui legittimità è stata contestata da pochi, è necessario affermare con chiarezza che questo risultato non elimina affatto la lista degli altri problemi che, in Medio Oriente, restano aperti. Nessuna pace durevole sarà possibile nella regione se gli altri problemi che continuano ad esistere, primo fra tutti il conflitto israelo-palestinese, non trovano le soluzioni che l'equità impone. Una volta create le condizioni per una pace giusta e durevole sarebbe necessario cercar di ottenere la riduzione degli armamenti presenti nella regione. D'altra parte la tentazione unitaria si rialzerà dalle proprie ceneri. Ma per porre fine una volta per tutte ai metodi ammaliatori e violenti messi in atto per realizzarla, l'Europa può riversare nel "dossier" di questo sogno incompiuto il riferimento alla propria esperienza. È stato optando per uno sforzo di integrazione strutturalmente ed evolutivamente organizzato - dal Trattato di Roma ali' Atto unico per giungere, forse, ad una confederazione liberamente consentita - che l'Europa ha gettato le basi della propria unificazione. Questo approccio graduale e concertato contribuisce, con altre esperienze sulle quali meditare, ad ispirare al mondo arabo la messa a punto di un altro "modello" metodologico atto a realizzare la sua aspirazione unitaria, anche se, in un primo tempo, occorrerebbe forse cominciare ad agire a livello sub-regionale: Maghreb, Machrek, Paesi del Golfo. .P.tl. BIANCO l.Xn.nosso iitii#i#hlil Parola della sura Baqara (11,74) in cufico occidentale, Kairouan, X secolo È vero che niente di tutto questo potrà essere realizzato se la società araba non riuscirà a mettere sotto controllo i suoi più gravi problemi: impoverimento crescente delle sue masse, disperazione dei suoi giovani, autoritarismo di alcuni dei suoi governi, difficoltà di esistere per una opinione pubblica pluralista, richiamo ammaliatore della radicalizzazione regressiva di fronte al fallimento delle esperienze di sviluppo passate e presenti, ecc. Se il Mediterraneo deve essere concepito come uno spazio di co-sviluppo e non come una frontiera illusoria, allora la sponda nord dovrebbe essere coinvolta nella risoluzione dell'insieme di questi problemi. Sul piano economico: il problema della stabilizzazione del sistema energetico e della ridistribuzione della rendita petrolifera a profitto dei produttori diretti, è chiaro, ma anche a beneficio dell'insieme dei paesi arabi, pur se non produttori, è inevitabile se non si vuole far aumentare il risentimento delle masse arabe di fronte a ciò che esse considerano come una estroversione delle ricchezze nazionali. Un approccio simile al Piano Marshall potrebbe essere applicato al mondo arabo, come accadde in Europa all'indomani della seconda guerra mondiale, e potrebbe, in un primo momento, prendere la forma di un Fondo arabo di sviluppo alla cui azione potrebbero affiancarsi investimenti esterni alla regione. Fra le altre istituzioni specializzate, le camere di commercio euro-arabe hanno un ruolo considerevole da svolgere in questa direzione, a causa della loro buona conoscenza del1'ambiente e dei problemi. Sul piano culturale: occorrerebbe, innanzi tutto, cercare di raddoppiar.e i canali ufficiali in materia di cooperazione culturale e scientifica fra l'Europa e il mondo arabo, incoraggiando la libera espressione degli artisti e degli intellettuali, e rafforzando anche le strutture non governative, come l'Università euro-araba itinerante la cui sede si trova ormai a Roma, per dar vita a spazi di scambio, di dialogo e di concertazione, liberi da ipocrisie, da doppiezze interessate e dal peso di una burocrazia inaridente. Sarebbe anche necessario garantire, ai gruppi migranti in Europa, la più ampia partecipazione alla vita culturale, sia nei paesi di accoglienza che nei paesi di origine. Occorrerebbe infine cercar di limitare gli effetti disastrosi causati dal ricorso, operato dai media, a stereotipi dispregiativi, e lavorare senza tregua al rafforzamento del dialogo interculturale. Queste indicazioni sono lungi dal1'essere esaurienti. Al meglio, essenon possono essere che dei prolegomeni per l'azione che noi tutti dovremo condurre, in modo solidale, a partire dalle due sponde del Mediterraneo, se vogliamo che la prova vissuta a causa della guerra del Golfo e del dopo guerra non porti alla disfatta del nostro mare comune, e se vogliamo fare tutto il possibile affinché il seme della cooperazione euro-araba non muoia.

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