realmente quali siano i sentimenti prevalenti nell'Islam non arabo, proprio per la sua estensione, per la natura di questa religione che nell'Islam sunnita, che rappresenta il 900Jo circa dei musulmani, non ha persone autorizzate a parlare per tutti. È inutile quindi unirsi al coro di previsioni per il prossimo futuro, ormai tante e cosi dettagliate che forse qualcuna potrà anche avverarsi. Si può invece ragionare sulla nostra civiltà, guardando al passato e ricorrendo a un saggio dell'Occidente, Arnold Toynbee le cui parole sembrano a volte profetiche. Per Toynbee una civiltà comincia a morire quando i contrasti fra una minoranza dominante e un proletariato, interno e esterno al centro del potere, ne mettono in pericolo l'unità. Allora la minoranza dominante fonda, per auto difesa, uno Stato universale che deve accogliere nei suoi centri l'immigrazione del proletariato esterno, dei popoli sottomessi. È da questo proletariato che nasce una religione e una Chiesa universale che si diffonde proprio grazie a quello Stato che contribuisce a distruggere. Sarà questa religione a costituire la "crisalide" della futura civiltà che prenderà il posto di quella antica: l'esempio più noto è, naturalmente, quello dell'Impero Romano che subi l'immigrazione dei missionari delle religioni nate fra i popoli sottomessi, come S. Paolo o S. Pietro. Durante il periodo dall'imprevedibile durata che precede la nuova nascita, i popoli lontani dal potere a volte assumono un atteggiamento di rifiuto verso la civiltà dominante (oggi parliamo di integralismi, fondamentalismi), oppure accettano solo alcuni aspetti di quel mondo diverso, credendo di poterli usare per autodifesa (la tecnica occidentale), ma gli elementi di una civiltà costituiscono un tutto indivisibile, e la prima intrusione porta inevitabilmente alla fine della civiltà tradizionale. La nuova religione potrebbe essere lo stesso Cristianesimo o l'Islam, che dal nostro limitatissimo punto di vista ci appaiono più dinamici, arricchiti dall'esperienza dolorosa del nuovo proletariato mondiale, oppure una forma di sintesi, una gnosi sempre rinascente nella disperazione. Oggi assistiamo a una migrazione di Albanesi che, secondo fonti islamiche, fino alla .P.1.1, BIA~CO il.li, HOSSO 111018d Vaso a lustro, Granada, Spagna, XVI secolo seconda guerra mondiale avevano un 75% di musulmani: chi può dire oggi quale evoluzione abbia avuto fra di loro il sentimento religioso? E i Musulmani Neri, che avevano solo il nome di musulamni, dopo il Pellegrinaggio alla Mecca di Malcolm X del 1964 e malgrado contrasti e divisioni, sembrano avvicinarsi ai sunniti. Quali sono gli effettivi sviluppi del sentimento religioso islamico in Unione Sovietica, ora che ci sembrano troppo presi da problemi materiali? E ugualmente potremmo fare solo ipotesi sull'Islam della Cina, composto da Turchi e Cinesi. Sappiamo che l'Islam prende piede in Corea e Giappone, dov'era già arrivato con il pan-islamismo diffuso dagli Ottomani nel secolo scorso. Se la più grande nazione islamica è l'Indonesia, con circa 150 milioni di musulmani, sta nascendo un Islam in Oceania, tramite le immigrazioni: i musulmani si sono già organizzati in Austrialia, Nuova Zelanda, Nuova Caledonia, Tonga e Papua-Nuova Guinea. In Africa le conversioni hanno fatto da tempo sorpassare la foresta equatoriale, che sembrava il limite per l'Islam. È nell'antico Islam turco-ottomano, fra i Balcani e l'Anatolia, che troviamo negli ambienti più popolari manifestazioni di religiosità nelle quali si uniscono Cristianesimo e Islam; in India sono nate credenze ai limiti dell'Islam, o che dall'Islam hanno preso qualcosa, da tempo propagandate con successo in Occidente. Vi è però un'altra prospettiva, più inquietante, presentata da Toynbee che era inglese, e riteneva un bene per l'umanità il predominio anglosassone, vedendovi però un solo pericolo: "le nazioni di lingua inglese non sono state, nel complesso, buone produttrici di mescolanze" nei territori da esse occupati, dall'America ali' Africa. Queste parole, alla fine della seconda guerra mondiale, non sarebbero molto cambiate, oggi, anche se la situazione del Nord America diviene ancora più incerta e complessa. Durante la prima guerra mondiale il Giappone, che era divenuto il modello da imitare nell'Impero Ottomano per il suo impiego della tecnica occidentale, aveva agito nel Pacifico in favore dei Britannici. Ma quando chiese il riconoscimento dell'eguaglianza di tutte le razze sul piano internazionale, per difendere l'emigrazione asiatica, trovò l'opposizione di Britannici e Statunitensi, malgrado i principii di uguaglianza proclamati. Un contributo essenziale alla pacifica convivenza è certo quella moderazione nella lotta politica propria dei popoli di lingua inglese, ma oggi, specie dopo la guerra del Golfo, occorre far agire in concreto gli ideali di uguaglianza. Oggi che sembra delinearsi una nuova egemonia mondiale, è necessario collaborare con quegli aspetti del mondo islamico utili per una vera pace. Nella prima civiltà che si estende su tutto il pianeta bisogna saper vedere, in tutti, i pregi e i difetti, perché il pericolo è che sentimenti di superiorità, razziali o morali, prendano il sopravvento, e allora di nuovo l'Islam potrebbe divenire la bandiera di chi si sente emarginato ed oppresso. Dovremmo anche ricordarci che Toynbee ha dimostrato come, finora, i veri perdenti siano sempre le minoranze dominanti e chi, dall'esterno, ad esse si adegua; nella più ampia storia della civiltà, del progresso dell'umanità nel nostro pianeta, vincono sempre quei proletari dai quali nasce la nuova realtà.
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