Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 15/16 - apr./mag. 1991

zione del Marocco alla coalizione antiirachena, seguito dalla totalità dei lavoratori e non represso dal Governo. In Mauritania l'Unione dei Lavoratori è sorta nel 1961 ed è strettamente legata al Partito al potere. Nel Sudan i sindacati sono fra i più forti dell' Africa ed hanno più volte lottato contro le dittature militari che si sono succedute, con brevi parentisi democratiche, nel Paese, subendo dure repressioni. Il gruppo dirigente attuale, incarcerato in occasione dell'ultimo colpo di Stato, è stato liberato in seguito all'intervento della Confederazione Internazionale dei Sindacati Arabi che ha trovato nuovo prestigio con il Congresso dell'89 nel quale l'Egitto e alcuni altri sindacati sono stati riammessi nell'Organizzazione. Una considerazione particolare, per motivi diversi, va data ai sindacati algerini, libanesi e palestinesi. L'Ugta, fondata nel 1956, aveva ottenuto taluni margini di autonomia rispetto al Fronte di Liberazione Nazionale, partito unico di governo, ed attuava nelle strutture aziendali e nei Congressi elezioni segrete su liste con candidati ben più numerosi degli eleggibili. La crisi esplosa con i moti dell'ottobre 1988 e l'adozione nel marzo successivo della nuova Costituzione che autorizza il multipartitismo hanno avuto conseguenze che testimoniano un profondo rivolgimento sociale. Ben 34 sono i partiti riconosciuti in base alla Costituzione. Solo 11 si sono presentati alle elezioni amministrative del 12 giugno '90, nelle quali ha prevalso il Fronte Islamico della Salvezza (Fis) sul Flm, sul Raggruppamento per la Cultura e la Democrazia (Rcd), sul Partito del1'Avanguardia Socialista (Psgs, comunista). Ma il fatto saliente è che il 26 luglio 1990 è sorta l'Unione Islamica dei sindacati (Uis) che intende "servire i lavoratori e difendere i loro diritti... nel quadro della charia musulmana". Molti dei membri degli organismi dirigenti sono ex responsabili locali del1'Ugta e tra essi sono numerose le donne. L'Ugta ha risposto con un Congresso che ha definito un nuovo Statuto democratico e basato sulla piena autonomia, ed è riuscita a confermarsi come il principale sindacato del Paese. Il 6 marzo ha preso una netta posizione contro la improvvisazione con cui il ~!I. Bl.\~CO \Xll.llOSSO 11 t 1 ihid Pagina coranica governo è passato dall'economia amministrata, basata su prezzi politici per una vasta gamma di prodotti, all'economia di mercato che ha causato una fiammata di aumenti vertiginosi. I sindacati libanesi, inizialmente assai divisi, hanno realizzato - fin dal 1970 - una unità d'azione di rilievo nelle lotte economiche e sociali. Si sono poi dati una unica confederazione, la Cgtl, che raggruppa tutte le Federazioni esistenti, di ogni tendenza e di ogni confessione religiosa. Questa unità ha retto anche lungo tutto l'arco della guerra civile ed è giunta fino a proclamare, con pieno successo, giornate di lotta e manifestazioni per la cessazione degli scontri e il disarmo delle opposte milizie. La Cgtl ha sostenuto l'accordo di Taef come avvio a un nuovo Patto nazionale e alla piena indipendenza di tutto il Paese. Infine i sindacati palestinesi, nati all'inizio degli anni '20, hanno seguito le sorti del loro popolo. Nell'esilio si sono costituite organizzazioni nei Paesi di insediamento, unite in una Federazione rappresentata nell'Olp e nel Consiglio Nazionale Palestinese. Le organizzazioni sorte a Gerusalemme, in Cisgiordania e a Gaza, talvolta emanazione delle varie correnti politiche, si sono unificate all'inizio del 1989 nella Federazione Generale dei Lavoratori Palestinesi. Spesso i dirigenti subiscono la detenzione amministrativa e tutta l'Organizzazione ha vissuto e vive in una condizione di sistematica violazione delle libertà sindacali e subisce la repressione della lotta nazionale, cui partecipa. Il dialogo arabo con i sindacati italiani è di lunga data ed ha avuto momenti di diversa intensità e contenuto, anche a seconda dei Paesi e delle Organizzazioni. Sul piano politico il filone fondamentale è stato quello dell'appoggio italiano alla lotta per l'indipendenza (es. Algeria, Tunisia) e per i legittimi diritti nazionali (Palestina, Libano, Kuwait) e - come principio fondamentale - il riconoscimento del diritto all'autodeterminazione. Sul piano della politica econòmica, il sostegno da parte italiana di una politica di "cooperazione paritaria" che sostituisce l'incremento degli scambi e i cosiddetti "aiuti allo sviluppo", che ha avuto all'inzio il momento di maggiore intensità con il raggiungimento dell'intesa italo-algerina sul gasdotto. I sindacati italiani hanno rapporti con tutti i sindacati arabi aderenti alla Cisa e con la Cdt marocchina (per Statuto la Cisa ammette un solo sindacato per Paese, anche se ha rapporti con altri sindacati ove esistono più organizzazioni). Un rapporto che può variare di intensità e registrare momenti di disaccordo su problemi anche importanti, ma che è bastato su un confronto sempre franco ed aperto e su una cooperazione che deve svilupparsi sul piano della difesa dei diritti sindacali, della tutela degli immigrati e dei lavoratori in missione all'estero, della formazione professionale e sindacale. Vi sono però certamente insufficienze e lacune, come ad esempio verso i sindacati eritrei e somali. La linea coerente e di effettiva autonomia dei sindacati italiani - pur con taluni limiti che sono compensati dall'unità in situazioni di particolare rilevanza politica - ha dato ad essi una reale considerazione tra i sindacati arabi, anche nel difficile e travagliato momento della guerra nel Golfo. Lo testimoniano l'accordo tra Cgil, Cisl, Uile i sindacati del Kuwait, della Federazione dei Lavoratori Palestinesi delle regioni occupate e della Cgt del Libano concluso il 27 novembre scorso "per scongiurare i rischi di una guerra catastrofica e per indicare le linee di una

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