attuali non sono in grado di realizzare alcuna unità fondata sulla giustizia, quindi illeggittimi in termini islamici, ma anche in termini di rappresentatività politica, si afferma: "spetta alle masse il compito di appropriarsi della eredità dei grandi che hanno costruito lo splendore dell'Islam". Il fine - si dice - è "l'unità della nazione-comunità e la riunione delle ricchezze dell'Islam". È proprio della comunità "/o sforzo (gihad)per realizzare ciò sulla base della fratellanza e della giustizia" (cfr. Risfi/atu'I-Gihad, n. 81/1989). Pur considerando particolare la vii.).tJ, lll.\'.\CO '-Xll,HOSSO •h•#hld sione islamica del leader libico e particolare il suo percorso politico, tali affermazioni risultano però essere abbastanza rappresentative dell'approccio islamico ai problemi attuali, derivati dalla necessità, poco importa la praticabilità politica ancora da verificare, di misurarsi concretamente con i problemi dello sviluppo. Essi sono in definitiva quelli della libertà e dell'ingiustizia sociale, dello Stato territoriale e della comunità divisa, della modernizzazione e del nuovo ordine economico mondiale. Da qui la difficile ricerca d'equilibrio volta a ricomporre una coscienza scissa nell'arobito di assetti considerati precari ed ingiusti. Al di là di estremizzazioni, pur esistenti, le affermazioni di Ràshid Ghann0shi, esponente tunisino del Movimento di Tendenza islamica, secondo cui "l'Occidente e le sue tendenze non sono la nostra strada, il nostro cammino è l'Islam" e "l'appello all'Islam non si rivolge ad un gruppo etnico o ad una confessione, ma a/l'umanità" (1989) letti pertanto come orientamento ed invito a rifondare in modo attivo ciò che potrebbe assicurare ai musulmani la dignità "di essere comunità-nazione di fronte alle sfide odierne. !!economia islamica tra teoria e realtà G li sforzi compiuti, negli ultimi trent'anni, da studiosi musulmani per rivalutare i princìpi economici e giuridici tratti dal Corano e dalle fonti dell'Islam, sono serviti principalmente alla sempre migliore definizione di una teoria economica islamica autonoma (da capitalismo e socialismo) e attuabile nelle diverse realtà nazionali che hanno nell'Islam stesso il proprio punto di riferimento religioso e politico. Il tentativo di realizzazione pratica del sistema, in particolare, è stato sorretto da una vasta corrente ideologica finalizzata, da un lato, a verificare la conformità, attraverso motivazioni scientifiche e nozioni teoriche, degli strumenti operativi concreti e, dall'altro, a riscoprire e approfondire la costante (nel pensiero islamico) integrazione (tawhfd) tra fede e agire economico del musulmano. Ciò è chiaramente testimoniato dagli innumerevoli titoli pubblicati sia da parte di autori musulmani (1) - nei quali si intrecciano, talora ideologicadi Gian Maria Piccinelli mente, istanze religiose, politiche, giuridiche ed economiche - sia da parte di studiosi occidentali (2), oltre agli atti di alcuni importanti convegni sul tema (3). "L'Islam è un sistema completo, è Religione (dfn) e Via (sharf'a), è Fede (àqfda) e Attività (àmal). Ogni musulmano deve rendere vera la sua fede, garantire l'adempimento dei suoi obblighi e delle sue ìbadat [gli atti del culto], astenersi dalle cose proibite e allontanarsi dai peccati, distinguersi per l'elevata nobiltà del carattere nell'esercitare la sua professione e nel disporre dei suoi beni, fare del bene e produrre in questa vita poiché a tutti è garantito il benessere e la prosperità nei propri affari. Tra le preoccupazioni e gli scopi dell'Islam vi è lo sviluppo dei beni e il loro investimento, attraverso gli strumenti consentiti dalla sharf'a, i quali impediscono lo sfruttamento, il predominio e il ripugnante gharar [alea], impediscono la supremazia dei forti sui deboli, dei ricchi sui poveri. La Umma islamica, e con essa la Umma araba, deve cessare da ogni forma di imperialismo e di dispotismo e, rendendo indipendenti le proprie questioni politiche e sociali, deve essere indipendente anche nella sua economia e deve far emergere la sua per.sonalità nei propri rapporti. Poiché essa ha una caratteristica che la distingue, nella sua nobiltà e nelle sue finalità, e che è connessa con il fatto che la Legge (sharf'a) dell'Islam è una Via (sharf'a) divina, che· è volta al bene dell'uomo e che respinge ogni specie di ingiustizia". Spetta, perciò, all'uomo adoperarsi per la realizzazione di un ordine sociale ed economico giusto secondo la Vi.ae la Legge rivelate. Tra i princlpi che stanno alla base del sistema e che portano le loro conseguenze sul piano economico e giuridico, sono da indicare, in particolare, le due fondamentali proibizioni coraniche del ribfi e del gharar. Il riba - letteramente "accrescimento", "aumento" - inizialmente corrispondente al lucro usurario in generale, indica l'illecito arricchimento
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