Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 15/16 - apr./mag. 1991

i,l.ll. 81.\'.'i;CO lXII.HOSSO •h•é•hd I pregiudiziislamicisu di noi Vorrei dare un modesto contributo alla conoscenza di un aspetto spesso nascosto, ma irridente, dell'Islam ne.iconfronti dell'occidente, vale a dire, in fondo, alla conoscenza di noi stessi. Se potessimo pervenire a tale conoscenza di noi stessi, la sola che ci permetta di accettare un passato carico di islamità, se ci dessimo la pena, il tempo ed i mezzi per procedere ad una analisi la più oggettiva e desensibilizzata possibile dei problemi che si si pongono non all'Islam in generale, ma al musulmano, carico com'è di pregiudizi, guadagneremmo in lucidità e chiaroveggenza nel superamento e nell'incontro, perché come dice il Corano: "I credenti sono fratelli: ristabilite la pace tra i vostri fratelli; temete Dio affinché abbia pietà di voi". Questa analisi oggettiva che vorrei presentare, è propriamente su ciò che distingue la sociologiareligiosa come noi proviamo ad intenderla, come noi proviamo a formularla, dalle altre forme di conoscenzadell'Islam che fino a questo momento hanno esercitato un vero e proprio imperalismo sull'islamologia, ossia la teologia e la metafisica. Ciò che quindi meriterà la nostra attenzione non sarà un corpo di dottrina specifico, non un'ideologia ed ancor meno un'ortodossia metafisica, quantunque in questo campo la distinzione sia difficile da operare. Occorrerà piuttosto essere attenti alle rappresentazioni che gli uomini si fanno di questo corpo di dottrina nel campo soprattutto del pregiudizionei confronti dell'Occidente in particolare. Ciò che conta, per me, non è mai tanto una ideologia quanto una visionedi questo mondo inerente a tale ideologia. Saranno dunque tali direttive prese a livello del vissuto, della vita quotidiana, tali comportamenti di Majid El Houssi soggiacenti alle diverse rappresentazioni del mondo occidentale assunto a difetto che ci permetteranno, suppongo, di meglio servire ciò che l'Islam può rappresentare per noi: le basi concrete, economiche sociali e psicologiche, che condizionano più fortemente queste rappresentazioni collettive, ma ugualmente di fare emergere i pregiudizi nei confronti dell'Occidente che hanno rallentato l'intesa e l'accordo. Per illustrare questo orientamento che, molto sinceramente, ritengo nuovo per l'approccio all'Islam, addurrei due esempi. In primo luogo si sa ciò che il Corano rappresenta per il musulmano. Il Corano al-Qur'an il libro per eccellenza, da un canto è un testo in sé che si può leggere, capire o non capire, tentare di interpretare. A partire da questo esprimente che è il Libro, si può cercare ciò che è espresso ossia un orientamento metafisico. Ma il Corano è anche un "per sé" che è integrato alla coscienza individuale o collettiva. Se ci sono dei comportamenti coranici, cioè dei comportamenti conformi alla regola, allo spirito ed alla lettera del Corano, un insieme di atteggiamenti stabiliti nei loro tratti generali o nelle loro modalità pratiche del Corano, c'è ugualmente una "condotta del Corano", vale a dire una serie di atteggiamenti specifici del musulmano verso il Corano. Non sarà dunque permesso di toccarlo non solamente a qualcuno che è credente, ossia musulmano e puro, ma soprattutto ad un cristiano, considerato infedele e quindi impuro. Questa vigilanza si traduce nel mondo islamico, soprattutto durante l'occupazione coloniale, nell'evitare gli occidentali, coloro cioè che intrattengono sempre dei rapporti con l'Idolo o con i santi (per i musulmani il culto dei santi non esiste). Questa vigilanza, che non è altro che un pregiudizio malgrado le raccomandazioni al rispetto del Libro Sacro che concerne "Le genti del Libro", s'inscrive in un ordine che è passato come un rito la cui efficacia è ormai extra-empirica. Questo primo pregiudizio si ripete secondo quella modalità di divieto per meglio penetrare il mondo extra-empirico. Questo pregiudizio traduce nel musulmano un bisogno rinnovato di uscire, mediante la separazione e il distanziamento dal1'Altro, dalla sua condizione per assicurarsi i favori rassicuranti, poiché investiti delle sue convinzioni, delle forze a lui esterne, cioè divine. Il Corano, così concepito viene reificato, ridotto ad uno stato di oggetto, inteso dalla coscienza del credente come oggetto, come "feticcio", come amuleto o formula magica, violando il suo spirito stesso. Questa è un'altra dimensione dell'atteggiamento del musulmano nei confronti dei comandamenti islamici che deve catturare la nostra attenzione. Il testo del Corano, la sua comprensione, la sua bellezza letteraria o metafisica scompaiono in effetti molto spesso a favore di una dimensione che rivela ciò che io ho chiamato qualche attimo fa la condotta del Corano. Ora, c'è tutto un insieme di ricerche psicologiche e socio-psicologiche su ciò che il Corano rappresenta per buona parte dei musulmani che porrà sotto una nuova luce non solamente il contenuto oggettivo del Corano, ma ciò che si intende dietro il Corano. Un secondo esempio per illustrare il mio proposito. L'approccio sociologico dei problemi incontra differenze di livello nella pratica religiosa; nessun musulmano, che io sappia, qualunque

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