ne nel tempo. Se pensiamo, però, che oggi le cose siano tanto migliorate, ci sbagliamo. Da una rapida quanto frammentaria ricerca fatta in questi giorni sui nostri dizionari italiani mi è caduto l'occhio su uno dei più apprezzati dizionari della lingua italiana, molto diffuso nel nostro paese, anche perché ristampato da colossali organizzazioni cultural-commerciali come la Selezione dal Reader's Digest. Alla voce "Arabi" il Devoto-Oli (edizione del 1967) dice che arabi sono gli abitanti musulmani dell'Arabia, e aggiunge giustamente che ci sono popoli d' Africa e dell'Asia parlanti arabo anche non musulmani. Ma poi, genericamente, a proposito di arabi/nomadi aggiunge: "Di livello culturale molto basso, predominante l'analfabetismo". Una edizione più recente del Devoto-Oli ha però eliminato questa ultima frase. Il problema generale che emerge dalla lettura di simili citazioni è che la maggior parte dei dizionari vecchi e nuovi non fanno grandi distinzioni tra arabi nomadi e sedentari, abitanti delle zone rurali e di quelle urbane, e si dilungano esclusivamente nel fornire particolari etnografici e folcloristici sugli arabi nomadi. Di un arabo di una città come il Cairo, o come Algeri, non si può dire che viaggi a dorso di cammello (o dromedario) e che si nutra prevalentemente di latte. Se questo discorso può valere per il nomade del deserto, non vale, naturalmente, per i cairoti o gli algerini che per spostarsi non viaggiano sul cammello e prendono la metropolitana o l'autobus esattamente come da noi. Altrimenti confondono giustamente le idee a quanti ancora oggi sono portati a credere che gli arabi siano tutti poveracci e "beduini". Altra parola, quest'ultima, che da noi è usata solo in senso figurativo e ha un significato spregiativo: "persona dall'aspetto incolto o dal vestito strano" (DevotoOli, 1967) e non come sarebbe giusto dire, e cioè che il beduino - dall'arabo badu - è l'abitante del deserto, quello che ha conservato più di tutti la purezza della lingua e dell'antica civiltà arabo-islamica (sempre per il DevotoOli, invece, "l'Islam non ha lasciato tracce profonde sul costume dei beduini, più propensi a credenze e a pratiche magiche che religiose"). Eppure come sostiene l'orientalista ~11. BIAi\CO \Xll,HOSSO 11111 ihld Qaylq(barca),calligrafia,Iran,XVIIIsecolo Montgomery Watt, l'influenza degli arabi sulla cultura europea è superiore a quanto gli europei in genere siano disposti a credere, solo che gli europei hanno rimosso dalle loro coscienze il loro debito verso il mondo arabo, perché non vogliono riconoscere il valore di un popolo che hanno sempre considerato a tutti gli effetti inferiore. Si incominciò a dare immagini distorte dell'Islam sin dal Xl, XII secolo per dare la certezza ai crociati che la loro causa era fondata, e che fosse giusto e santo combattere gli infedeli maomettani. E in questo Dante ha sicuramente dato una mano alla "santa demonizzazione" dell'Islam, mettendo il suo profeta Muhammad addirittura fra i seminatori di discordia nell'Inferno. Non è stato da meno Cervantes, che a proposito dei "moriscos" dice che la loro unica scienza è depredare. Molti altri viaggiatori occidentali che si avventurarono nelle terre arabe, accusarono gli arabi delle cose più turpi: violenza, avidità, pigrizia, indolenza, ingratitudine, e soprattutto - cosa imperdonabile per il mondo occidentale - fanatismo religioso contro i cristiani. Ma se questi sono i giudizi e i pregiudizi "classici" del mondo occidentale verso quello arabo, che in certo senso rispecchiano la mentalità del tempo, è triste constatare che oggi, malgrado la sempre maggiore vicinanza tra questi due mondi, molti di questi pregiudizi ancestrali ancora trovino fedeli sostenitori. È il caso di Lucette Valensi che in un libro sul Maghreb pubblicato a Parigi (Flammarion) nel 1969 dice che "gli abitanti del Maghreb sono un compendio di tutti i vizi". In un sondaggio sui lavoratori algerini e tunisini fatto in Algeria nel 1972, citato sempre dal tunisino Garmadi, tra i pareri favorevoli si dice che "non bevono, sono abbastanza onesti e possono diventare anche capomastri, se nella loro squadra non c'è gente della loro razza; tra quelli sfavorevoli si dice, invece, che sono stupidi, invadenti, incapaci di adattarsi alla civiltà, puzzano e rovinano tutto quello che trovano ... " Da un altro sondaggio fatto una ventina di anni fa da Paul Balta e sempre pubblicato nel volume edito a cura dell'lpalmo, risultava che gli europei conoscevano il mondo arabomusulmano meno bene di quanto lo conoscessero, per esempio, all'epoca dell'inaugurazione del Canale di Suez. Lo studioso francese faceva notare che in Francia un libro che trattasse di cose arabe aveva una tiratura di massimo due-tremila e nelle migliori ipotesi, cinquemila copie. Se in Francia, che si è sempre interessata più di noi all'altra sponda del Mediterraneo le cose andavano così, figuriamoci in Italia, dove l'editoria ha scoperto solo recentemente il filone arabo. Se si pensa che in Europa la popolazione è sempre più scolarizzata, che le frontiere sono sempre più aperte, che l'emigrazione verso l'Europa porta migliaia e migliaia di arabi e musulmani da noi, e che gli europei prediligono sempre di più molti paesi arabi .per le loro vacanze assolate, allora come ci possiamo spiegare ancora tanto disinteresse e tanti pregiudizi nei confronti della civiltà arabo-islamica?
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