,{)jJ, BIAM'.O l.X11.nosso iiiiiiliil quella che promulgava la legge, si esprimeva l'uomo di governo, e nella successiva, quella che ne guidava la contestazione, si esprimeva il cattolico osservante, senza avvertire che una delle due era di troppo, per coerenza e per linearità. Non so se sia stato un caso unico, ma ricordo che una volta la Dc fece cadere un governo su una questione di "principio"; era in gioco la scuola privata, ben più concreta e palpabile, a livello di potere e di controllo di realtà sociali, di divorzio e aborto. È un fatto che sulla guerra nel Golfo la Dc si è divisa, e non solo nel voto che ha deciso la partecipazione dell'Italia al conflitto, ma anche negli orientamenti successivi, se è vero che persino un sottosegretario vicinissimo allo stesso presidente del Consiglio, come Cristofori, ha avanzato una linea di contrasto con quella del governo e dell'alleanza, a proposito del piano Gorbaciov, in uno dei momenti cruciali della crisi. Del resto dentro la Dc c'è stata persino, e non a caso, anche se con grande prudenza, qualche nota di critica alla Santa Sede. Lo ha fatto, ma naturalmente "con sofferenza", il presidente del partito, Piccoli, ed è servito sul piano delle alleanze e delle suscettibilità degli altri partiti. E tuttavia il grosso del partito ha tenuto una posizione "realistica", e oggettivamente di approvazione di questa guerra, ma senza sconfessare del tutte le ragioni del pacifismo. È uno dei sempiterni segreti del cinquantennale potere Dc. Si può discutere, non si può non ammirare. Conclusione: della doverosa doppiezza di tutti Con queste premesse a chi scrive pare che l'unica conclusione coerente con il discorso che si è dipanato davanti ai nostri occhi sia quella di tenere presente la complessità e la diversa articolazione del mondo cattolico in ogni circostanza. Questo in pratica vuole dire che chi non vuole rassegnarsi al fatto di una pretesa rappresentanza unitaria di tutto il mondo cattolico da parte della sola Dc non deve cadere in due estremismi opposti, che sarebbero quello di una pretesa di sostituirsi integralisticamente e strumentalmente alla Dc, e quello di una rabbiosa reazione politica ogni volta in cui si evidenziano posizioni "cattoliche'' che non rientrano in quelle concordate o promesse dalla Dc e dal realismo dei suoi comportamenti. - - - --- - - - -- 20 Questo vuol dire, nella circostanza della Guerra del Golfo, da cui siamo partiti, non pretendere di annettersi politicamente il mondo cattolico, e persino le posizioni del papa, come in troppi hanno fatto, manifestando una certa mancanza di argomenti politici, e anche semplicemente etico-politici, che invece dovevano eventualmente essere trovati. Ma vuole anche dire che nessuno deve scandalizzarsi se persone e gruppi cattolici si allontanano dalle posizioni ufficiali della Dc, per scomode che siano le loro scelte, e che è urgente che anche i cosiddetti partiti laici, e di sinistra, e in particolare i socialisti, prendano atto del fatto che alle posizioni ideali dei cattolici non necessariamente debbono corrispondere identiche posizioni politiche, anche su problemi di grande importanza. È interesse evidente della Dc che ogni divisione dei cattolici appaia come un tradimento della loro doverosa unità etica e ideale, e provochi discussioni e scandalo. Dovrebbe essere interesse di tutti gli altri, in prima fila del Psi e del Pds, dare per normale una divisione del genere, e anzi favorirla, senza scandalizzarsi quando essa dispiace, e senza strumentalizzarla quando essa piace e coincide con gli interessi immediati e con scelte politiche concrete. In fin dei conti è naturale che anche in Italia arrivi il tempo di una autentica "laicità" delle scelte politiche, che non coincide certo con la trascuratezza dei valori ideali e delle scelte religiose, ma che vuol dire il senso preciso delle distinzioni tra etica e politica, tra religione e morale, tra Stato e Chiesa, tra partiti e prof essioni ideali e religiose. Non è solo finito il tempo dei partiti che si definiscono per la loro posizione verso il religioso, atei o confessionali che si professino, è anche finito quello per cui al termine laicità viene accostata l'idea di non compatibile con i valori della fede cristiana. Oggi è, o almeno dovrebbe essere, il tempo della definitiva liberazione dei credenti italiani dall'obbligo esterno di riconoscersi politicamente in un solo partito, e del doveroso impegno di tutti gli altri partiti per conquistare l'adesione e il voto dei credenti italiani, contemporaneamente intenzionati ad essere tali e a restare liberi da ogni monopolio politico partitico. Talora a chi scrive pare che oggi a questa nuova fase sia più preparato il cosiddetto "mondo cattolico", nel suo complesso, piuttosto che la cultura e la prassi dei partiti italiani diversi dalla Dc. Forse è il caso di una riflessione nuova per tutti.
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