i)JJ, BIANCO ~11,nosso PidnMNMirilf4tiMI Sinceramente, ciò di cui sono preoccupato è l'insufficiente finalizzazione dell'azione unitaria che i cattolici riescono ad esprimere nel nostro paese. ''Più politica da una fede esigente e generosa", mi sembrerebbe massima che definisce meglio i compiti dei credenti; e forse anche i non credenti, in una società democratica, pluralista sì, ma responsabile e pacifica, verrebbero avvantaggiati se i cattolici vi facessero più e meglio politica. Per l'alternativa: emergenza ecologica di Gianni Mattioli G razie per questo invito. La sintonia con questo clima e con molti punti di vista qui espressi mi spingono a chiedervi di far parte stabilmente di R&S. È questo un tempo in cui più che certezze sistemate - di schieramenti e di appartenenze - si affacciano nuove idee e la costruzione dell'"alternativa" appare piuttosto come nuova aggregazione su nuove prospettive che come somma di vecchie sigle. Ma quali contenuti per l'alternativa? Mi sembra che vi sia una lettura della realtà, una sorta di base materiale, che suggerisce la riproposizione continua della questione degli equilibri ambientali, del difficile bilancio delle risorse, delle trasformazioni difficili e però inevitabili che vengono implicate nell'assetto della società. Come è possibile parlare del futuro senza partire da qui? Non è certo una lettura ideologica degli avvenimenti, ma l'attenzione a quegli indicatori caratteristici degli equilibri chimico-fisici e biologici, che suscita l'evidenza drammatica di limiti, che si apprestano ad imporre drastiche scelte nel nostro futuro. I consumi energetici. Un quarto della popolazione mondiale consuma tre quarti delle risorse ma oggi i popoli sin qui esclusi danno a vedere trend di crescita dei consumi assai significativi. Che succederà degli equilibri planetari man mano che questi popoli vorranno avvicinarsi a consumi pro-capite appena più simili a quelli dei nostri paesi? E se anche prescindessimo dagli aspetti ecologici - piogge acide, effetto serra, eccetera - in quale modo si potranno governare i conflitti per un'equa distribuzione di risorse limitate? La vicenda del Golfo non è già una drammatica anticipazione di questa prospettiva conflittuale? La questione dei rifiuti. Miliardi di tonnellate prodotte ogni anno nei paesi industrialmente avanzati. Alcuni milioni di tonnellate tossiche, cancerogene, da separare in modo affidabile dalle falde idriche, dalle colture. Sarà possibile andare avanti con queste produzioni? E ancora. Sostanze inquinanti rilasciate nel1'atmosfera, radiazioni ionizzanti, campi elettromagnetici associati a usi consueti dell'elettricità e, per contro, malattie degenerative, indebolimento complessivo del nostro sistema immunitario. Potremmo continuare negli esempi. Ma tutto ciò induce una necessaria riflessione. Centocinquanta anni di progresso tecnologico hanno assicurato grandi risultati, dalla salvaguardia della salute alla - quasi - sconfitta della fatica. Ma oggi è come se ci trovassimo di fronte ad una soglia: i problemi che questa società tecnologica apre sono più di quelli che è capace di risolvere. E dunque razionalità, oggi, non è difendere ad ogni costo questo progresso; ma portare avanti una riflessione critica che ci permetta di individuare i percorsi del cambiamento. E questo è urgente e difficile. Non si può in-
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