Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 14 - marzo 1991

_,Q.!J, BIANCO '-Xli.ROSSO PidUMlifi.i#uilt40MI 1940,nel giardinodi casa. e l'insegnamento del Magistero e dell'autorità ecclesiastica siano riusciti ad ottenere, siano valsi - con la loro tensione dialettica, con le finalizzazioni effettivamente conseguite, i risultati storici prodotti - a testimoniare una sensibilità e un pensiero cristiani nella storia e a conseguire risultati civili soddisfacenti, per le generazioni che vi si impegnano con energia e speranza e per quelle che ne ereditano le conseguenze e le risultanze. Senza convergenze su obiettivi comuni non vedo come siano possibili azioni sociali e politiche significative; senza sforzi culturali e organizzativi adeguati a tempi e circostanze non vedo come si possano realizzare azioni personali e collettive finalizzate e scopi comuni liberamente individuati e perseguiti: per questo, in via di principio, mi sembra più giusto e responsabile preoccuparsi dell'"unità" (di pensiero e di azione) che non dell' "autonomia" delle scelte. Libertà di opinione e di iniziativa, in Italia almeno, ne abbiamo molta, e la Costituzione e l'ordinamento giuridico ce ne garantiscono l'esercizio personale e comunitario. Che questo sia forte, costante, responsabile, esigente, proporzionato a bisogni e possibilità, non direi proprio. Per questo mi lascia del tutto freddo l'invito su cui siamo qui convocati (''una fede, più politiche"). Questa massima, se la intendiamo come un 'indicazione programmatica, un auspicio, mi pare comporti o una sottovalutazione della rilevanza della politica, o il confinamento della fede religiosa in una qualche parte ristretta, separata, poco influente della coscienza. - - - --- - - -- - -- 79 La famigliaFrank (maggio1940). La politica invece è molto rilevante per la vita dei popoli e delle persone: la sua complessità rende difficile una partecipazione costante, e questo indebolisce molto il significato e l'efficacia della sua azione, dove pesano troppo le decisioni e le manipolazioni dei più ricchi e troppo grande resta lo spazio concesso all'uso e al mito della forza e delle armi. Proprio per questo (per complessità, dolorosità, pericolosità della politica, dei suoi costi e delle sue conseguenze), è bene che la religione non ne sia separata e distante: se la fede è "privata" (cioè non attenta, non preoccupata della politica, poco esigente nei suoi confronti), anche la politica è "privata" di qualcosa di importante, di una energia forte, di un bene diffuso e rinnovabile, di un elemento che purifica, stabilizza e in qualche modo semplifica e umanizza le problematiche del potere e dell'autorità, che non possono sacralizzarsi più di tanto, se l'esperienza della religione è cosa seria, profonda, attiva. La democrazia tutela e valorizza le ''minoranze", ma assumendo la "maggioranza" come criterio abituale decisorio per le scelte da operare, ci responsabilizza al massimo sul dovere di concorrere a formare una maggioranza saggia ed esperta. In partenza non si deve rinunciare all'apporto di nessuna energia disposta a perseguire l'obiettivo che ci si propone; per ragioni storiche, l'unità politica dei cattolici può non bastare, ma non vedo come un credente possa apprezzare o sentirsi più garantito se agisce in conflitto anche con i cittadini che condividono la sua fede religiosa.

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