Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 14 - marzo 1991

~li, Rl.\~CO l.XII.HOSSO ii•il 111t4i#1N1 lft10iil Pubblichiamo, qui di seguito, due interventi al nostro Forum (Venezia, 15 dicembre '90)su "Cattolici, politica e riformismo socialista". Ricordiamo che il n. 10/11 della nostra rivista (novembre-dicembre '90) ha dedicato il suo· "Dossier" al tema "Cattolici, politica, riformismo ". Esso contiene scritti di Malgeri, Veneruso, Ossicini, Tassoni, Gozzini, Gennari, Covatta, Gherardi, Cangiotti, Tonini, Scoppola, Ceccanti, Guzzetta, Manghi, Tavazza, Valle, Pratesi, Pedrazzi e Ruggiu. Una fede, più politiche Un fatto o un programma? di Luigi Pedrazzi I 1titolo della nostra discussione (''Una fede, più politiche'') è esatto e veridico se ci riuniamo per studiare la storia del passato: ho molti dubbi che ci aiuti a lavorare bene nel presente e a costruire un futuro significativo. I cattolici in Italia sono stati politicamente molto più divisi che uniti. Non parliamo di guelfi e ghibellini; stando più vicini al nostro tempo, abbiamo patrioti e austriacanti, cattolici intransigenti contro lo stato uscito dal Risorgimento e cattolici disposti alla conciliazione e alla collaborazione; nel '14 molti furono neutralisti e molti interventisti; dopo la guerra vi fu chi contrastò con forza il fascismo e chi lo vide di buon occhio e lo favorì; vi furono cattolici antifascisti in esilio o in carcere, ma non pochi furono quelli in carriera nel Regime; parecchi parteciparono alla Resistenza, ma almeno altrettanti la vissero come violenza partigiana e odiosa. Nelle consultazioni elettorali, da oltre quarant'anni, il voto "unitario" per la Dc è superiore alla percentuale di adulti che vanno a messa con regolarità, ma è inferiore al numero dei battezzati e di quanti si sposano in Chiesa. I comportamenti degli italiani, pertanto, sul piano collettivo e su quello personale, giustificano la "verità" del titolo: "una fede, più scelte politiche e comportamentali". Gli studi di sociologia elettorale - noi dell'Istituto Cattaneo ne abbiamo condotto di accurati - provano che molti elettori e molti iscritti a partiti laici (e anche al Msi) sono cattolici praticanti in una misura non granché diversa da quella accertabile per elettori e iscritti democristiani; i non credenti e non praticanti sono più numerosi tra i socialisti e ancora più i comunisti sono "lontani" (ad onta della loro politica così attenta alle realtà cattoliche) dalla pratica religiosa personale. D'altra parte, non tutti i cittadini che votano abitualmente per la Dc sono cattolici praticanti. Questi fatti sono accertati e indubitabili. Ma possiamo dire che costituiscano o esprimano un valore? Valgono come un "modello"? A mio giudizio, la pluralità delle scelte politiche prova l'esistenza della libertà (nelle istituzioni attorno a noi e nelle coscienze), e quindi significa senz'altro qualcosa di positivo: ma non ci assicura affatto che della libertà e della propria mente, capacità, iniziativa, si faccia un uso valido, al livello delle esigenze più profonde, dei bisogni più importanti e significativi. Accetto il dato di un notevole "pluralismo" di fatto; non mi scandalizza, ma mi rifiuto di esaltarlo, e non vedo quale valore religioso o politico si celebri nell'assumerlo come bandiera, modello sistematico. Mi sembra assai più importante sapere (e quindi giudicare) se le scelte autonomamente compiute, da una parte, e quel tanto di unità cattolica che l'azione

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