Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 14 - marzo 1991

,l).tJ, BIANCO UJtROSSO 1Niii11til 1MitiSifrO Se i paesi baltici ''balcanizzano'' • SI L ' interesse per i paesi baltici è divenuto molto ampio e comune agli osservatori più attenti nel corso degli ultimi mesi. Meno comuni sono le ragioni che lo alimentano. A questi eventi si può infatti guardare per capire l'evolversi degli equilibri di potere in Unione Sovietica, i sintomi di un eventuale logoramento del rapporto tra Bush e Gorbaciov, le possibilità di una rottura tra gli "alleati" nel Golfo, segni di scissione tra i paesi europei nella scelta tra Gorbaciov ed i paesi baltici. Sulla situazione all'interno dei paesi baltici, dei loro bisogni e possibilità reali di sviluppo, delle forze politiche presenti, si parla poco, solo di riflesso. Preferisco per questa ragione distaccarmi dal coro delle voci autorevoli ed impegnate sui grandi temi di strategie globali, al quale potrei ben poco contribuire, per concentrarmi invece brevemente su questo ultimo aspetto, trascurato ma non meno importante. I tre paesi baltici - Estonia, Lettonia e Lituania - sono arrivati alla svolta della Perestroika in una situazione che, nel quadro delle repubbliche sovietiche, era tra le meno svantaggiate dal punto di vista economico. La svolta offriva due opzioni: la prima, di spingere per ottenere il più ampio grado di autonomia possibile nell'ambito dell'Unione Sovietica, sollecitando e rafforzando le tendenze in questa direzione, e proponendosi come il ponte economico e culturale tra l'Europa e l'Unione Sovietica. Tenendo conto dell'enfasi che sia ad est sia ad ovest si pone allo sviluppo dell'economia di mercato ed al calcolo economico capitalistico, la scelta razionale di questi paesi dovrebbe essere quella di divenire il luogo di penetra- - di Bruno Amoroso Anna, 1932. zione europea verso l'enorme mercato sovietico, il nodo europeo del futuro e crescente interscambio. Il mercato interno di questi paesi è troppo piccolo per attirare l'interesse e l'attenzione degli investimenti dell' occidente ed ha ben poco da offrire ai consumatori europei. Ben diverse appaiono le prospettive se il miglior livello di infrastrutture e qualificazioni professionali di cui questi paesi dispongono venisse messo a disposizione di un polo di sviluppo che abbia aperto dinanzi a sè l'intero mercato sovietico. Questo argomento, che si richiama nelle versioni più audaci all'idea di una Hong Kong sovietica sul Baltico, trova diffusione nelle aspettative degli operatori economici di questi paesi, e nei numerosi operatori europei presenti in queste aree per valutare piani di investimento. La presenza nelle repubbliche baltiche di una forte minoranza russa, che in Lettonia supera il 400/o della popolazione, diviene in questa ipotesi un fattore positivo, di forza, sia per il rinnovato bisogno di questa come forza lavoro qualificata, sia per estendere i rapporti con il mercato sovietico e russo in particolare. Dal punto di vista politico questa prospettiva si presenta come la più agibile, sia in Unione Sovietica sia nei paesi dell'occidente, poichè fornirebbe un aiuto non indifferente alle riforme economiche ed alla modernizzazione di Gorbaciov e creerebbe un clima di forte coesione sociale e politica nei paesi baltici. La seconda opzione si presenta in alternativa alla prima sia per i contenuti del tipo di sviluppo economico prospettato, sia per il rapporto che stabili- <,7 '

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