i>!I. BI.\\CO (.l(11. BOSSO •h•~ihliJ Recuperare ambizione e coraggio del nuovo S ulle difficoltà e sulla crisi del sindacalismo confederale si è parlato e scritto molto e da molto tempo. In sintesi credo che queste difficoltà derivino da cause oggettive e soggettive. Le prime sono connesse alle grandi trasformazioni che hanno investito e stanno investendo le società sviluppate e che obbligano tutte le organizzazioni collettive a ridefinire la propria identità e la propria strategia. Le seconde dipendono dalla qualità della risposta culturale e strategica che il sindacalismo confederale è riuscito a dare alle trasformazioni in corso. Nel corso dell'ultimo decennio il sindacato ha dovuto fare i conti con innovazioni di portata storica destinate a cambiare in profondità la realtà economica, sociale, politica e culturale del paese. Basti pensare, per citare solo alcuni dei processi più macroscopici, al livello di sviluppo raggiunto che ha consentito alla stragrande maggioranza della popolazione di superare la soglia dei bisogni materiali; alla rivoluzione tecnologica e organizzativa nel sistema produttivo e alla globalizzazione e integrazione dei mercati che hanno indotto grandi cambiamenti strutturali nella quantità, qualità e mobilità del lavoro; alla crisi di rappresentatività delle democrazie occidentali, resa più evidente dalla stessa rivoluzione politica dell'89, che ha ridotto enormemente la capacità di regolazione economica e sociale dei sistemi politicoistituzionali e aumentato le difficoltà di tutela dei lavoratori a livello sociale; infine l'accentuarsi dei processi di modernizzazione culturale con la conseguente secolarizzazione della società, la crisi dei valori di riferimento, l'emersione di nuove forme di individualismo e di soggettività che hanno camdi Luigi Viviani biato profondamente gli obiettivi, le motivazioni e lo stesso valore del lavoro nella vita delle persone e resa quanto mai problematica la soluzione dei diversi problemi aperti in una prospettiva di solidarietà. Non entrare in crisi in una temperie di questo genere sarebbe, per il sindacato, solo il sintomo di un distacco stellare dalla realtà. Quindi i problemi di cultura, di strategia, di autonomia e di rappresentanza che tali processi hanno indotto nel sindacalismo confederale sono il portato di una delle fasi più difficili ma più vive ed interessanti di questo secolo che in ogni caso non possono essere elusi. Pur in presenza di queste difficoltà oggettive, sono convinto che i maggiori problemi che oggi affliggono il sindacalismo confederale derivano da un deficit di risposta culturale e strategica a queste difficoltà. La precarietà e la indeterminatezza dei risultati acquisiti nel confronto con il governo in assenza di una seria politica dei redditi, le evidenti carenze di regole e di contenuti nella contrattazione che anche l'attuale fase di rinnovo dei contratti evidenzia, l'accentuarsi di un conflitto tra i lavoratori appartenenti ai settori protetti e non il ritardo nel definire le forme di rappresentanza nei luoghi di lavoro, rappresentano gli aspetti più evidenti di questo deficit di risposta. Ciò che emerge con chiarezza è che, a fronte di tali e tanti cambiamenti nel contesto in cui il sindacato ha operato e nonostante la fase di sviluppo eccezionale verificatasi nel nostro paese nella seconda metà degli anni '80, ben poche sono state le innovazioni che esso è riuscito a realizzare in questi anni. In sostanza si è vissuto un periodo eccezionale per novità e sfide aperte al sindacalismo confederale con comportamenti di ordinaria amministrazione lasciando spesso il ruolo innovatore ad altri soggetti se non alle stesse controparti. In tanta parte del ceto dirigente sindacale è mancata la necessaria ambizione politica per rischiare di inoltrarsi nei sentieri più difficoltosi dell'innovazione strategica e si è preferita una navigazione più tranquilla lungo i percorsi tradizionali. Se un certo consociativismo con i governi più o meno deboli che si sono succeduti ha consentito di difendere alcune conquiste precedenti ciò non ha impedito di accumulare una considerevole quantità di problemi irrisolti, di riforme mancate che oggi rendono tanto più difficile e complicata la prospettiva. In questo contesto di minimalismo strategico i rapporti unitari che si sono concretamente instaurati tra le confederazioni sono stati la proiezione di questa volontà di non andare oltre il minimo comun denominatore di strategie che risentivano dell'usura da cambiamento. Così si sono instaurati rapporti unitari basati più sui buoni sentimenti che su una seria ed impegnativa ricerca strategica comune con il risultato che ogni volta che era necessario operare una scelta impegnativa - condizione normale in un periodo di grande trasformazione - essi sono entrati in crisi determinando squilibri e ritardi nell'azione sindacale. Oggi, dopo i grandi rivolgimenti politici del 1989, con la crisi irreversibile del socialismo reale e dell'ideologia comunista che l'aveva ispirato, ha perso plausibilità anche la connessa concezione del sindacato subordinato al partito e si aprono nuove e concrete possi-
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