i>!I, BIA~CO '-Xll,BOSSO Ht•~ihhtl Rinnovamento: nulla O gni giorno che passa avvertiamo una sproporzione insidiosa tra la ricchezza dei fatti e le categorie interpretative comunemente ereditate. Abbiamo nomi per conflitti che non ci sono più e nascono conflitti per i quali non abbiamo nomi, a scala internazionale e "domestica". Ciò che accade non è sempre alla portata diretta del sindacalismo ma ci attraversa inesorabilmente ed è di tale spessore da costituire un potenziale in grado di intaccare l'identità stessa del sindacalismo confederale quale noi abbiamo conosciuto. Esiste, in particolare, un fattore relativamente "esogeno" che sembra consumare il cuore di una vicenda ricca e feconda e del quale occorre prendere atto, onestamente e preliminarmente: questo paese, e con esso l'intero Occidente moderno, ha compiuto una mutazione il cui esito è un'esistenza di massa (centinaia di milioni di persone, non pochi privilegiati) che ha cancellato dalla propria memoria cosa vuol dire lottare quotidianamente con la miseria. Per quanto esistano evidenti ritardi ed ingiustizie, sacche di abbandono e povertà, apparteniamo a contesti che rappresentano una straordinaria eccezione della storia. Si è violato il "regno della necessità" (che vuol dire lotta per la sussistenza, dipendenza radicale delle persone dalla natura o dall'organizzazione sociale e politica, complementare ed inevitabile scorrere della violenza) per passare a quello di una "relativa libertà''. In questo passaggio privilegiato c'è l'intero mondo del lavoro dipendente. Possiamo dunque scioglierci per conseguita vittoria ed esaurimento della ragione sociale? Ne siamo ben lontani. La presa d'atto preliminare serve a L-__ ---- ~ -~- -- ' • e come prima di Maurizio Polverari comprendere le difficoltà, alcuni paradossi, la proporzione tra le cose, gli orizzonti di valore da perseguire. Al vorticoso andare collettivo non si sa bene verso dove nessuno è estraneo, nemmeno il sindacalismo. Né esistono protezioni, nicchie o "carrocci" rassicuranti. Occorre "riposizionarsi" sapendo che nulla sarà più come prima e che occorre "un punto di vista". Sui frantumi di una solidarietà antica e "organica" può sorgere una solidarietà rigenerata e continuamente ridefinita il cui prezzo può anche essere l'uscita dai tradizionali confini associativi del lavoro. La solidarietà dei moderni ha bisogno di ispirazione alta e profonda. Mettiamola così: diciamo che la metafora secondo cui la società è una colonna in marcia, nella quale non conta la distanza relativa tra i primi e gli ultimi purché la colonna comunque avanzi, è una metafora che non ci piace. Tanto più che molti - ormai lo sappiamo - non reggono il passo e si perdono. Una solidarietà chiusa nel cerchio di interessi dati è corporazione, lobby o altro: non fa un ideale grande e onesto per il quale spendere irripetibili risorse di vita. La solidarietà come accessorio aggiuntivo al nostro standard di conquiste e di moderne libertà può avere nobili apparenze ma significare, di fatto, rinuncia alla più essenziale tensione. La prospettiva è, per il mondo del lavoro, l'uso solidale della libertà, che vuol dire fratture, compromissione di molte sicurezze. Si tratta, naturalmente, di un punto di vista "etico". Quanto agli eventi di cui tener conto, a me pare che alcuni "dualismi" che hanno sostenuto il passato siano in via di esaurimento (dualismi ideologici, anzitutto, ma anche lotta dura e 5(, contrattazione "regolata", conflitto e partecipazione) e che nuovi fenomeni non siano compiutamente assunti (l'internazionalizzazione, la crescente terziarizzazione, l'impulso a rappresentanza diretta, la proliferazione e personalizzazione dei "diritti", la riscoperta delle identità territoriali, le innovazioni tecnologiche e le riformulazioni dei parametri organizzativi, più raffinate strategie padronali...). Sembrano fenomeni irreversibili e che spingono le nostre organizzazioni collettive verso la proposizione di mete e ambizioni "forti". Ho steso una successione di frammenti, troppo sintetici e forse non chiari. Tuttavia vi si può ragionare nella prospettiva di un rinnovamento e di una riconsiderazione che renda plausibile tra l'altro il superamento di vecchie divisioni. Anche per la prospettiva unitaria, però, nulla è scontato e non è vero che "i sentieri sono raddrizzati e i colli spianati". Anche qui occorre un prelimine "punto di vista". Si tratta di sapere se consideriamo l'unità una speranza, una attesa, un valore per i lavoratori italiani. Ad esempio, l'annunciato auto-dissolvimento della componente comunista della Cgil (che è per ora un annuncio, appunto, ed una libera ricerca) può essere considerato sottolineandone difficoltà ed ostacoli oppure le potenzialità positive. Non c'è dubbio che le difficoltà ci siano e che molte siano le cose da chiarire ma è altrettanto vero che tale annuncio introduce un elemento di significativa discontinuità (per la Cisl, che ha contrastato quel modello, quell'annuncio può essere considerato già un buon compimento del suo 40° compleanno!) Una linea di credito può dunque essere
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