Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 14 - marzo 1991

nelle diverse aree del paese. Non sopportare un'inflazione causata in buona parte dal debito pubblico e dalle rincorse salariali, ma riprendere con energia il governo dell'economia pubblica, il coordinamento della contrattazione e dei livelli retributivi con una concertazione che coinvolga le decisioni del Governo. Non rimanere influenzati dall'esplosione della cultura neoliberista, individualista e leghista per rilanciare i valori della solidarietà collettiva insieme a ,{)_tJ. IU\~CO l.Xll. llOSSO Ut•#Oid quelli della persona umana, con progetti più che con prediche. Credo che questo pretenda non tanto la riforma organizzativa (che comunque andrà affrontata tempestivamente) quanto la ripresa del processo unitario all'insegna di un programma concordato e credibile. Le attuali divisioni appaiono più motivate da motivi politici e da un calo di autonomia delle Confederazioni più che da dissensi sul piano sindacale, vista un'ormai costante unità d'azione ed anche d'intenti. La situazione di immobilismo di questi anni fa comodo a chi difende il suo ruolo tradizionale, il proprio posto, la propria organizzazione, mentre la ripresa dell'iniziativa e dell'unità sindacale mette tutti a rischio; le proprie idee, la propria responsabilità, la propria fantasia. Ma in tempi di grandi cambiamenti e di inizio di una nuova era è proprio il senso del rischio che si richiede al sindacalista. Riconoscere i nuovi "soggetti" T roppo sovente in ogni amoito e aspetto della nostra vita, appartengano questi al privato o al pubblico, ci nutriamo di nostalgie e ricordi. Troppo spesso infatti ci ritroviamo a richiamare e a ricordare i nostri momenti forti, vincenti, che definiamo "irripetibili", ma che vorremmo, al di là di quanto sosteniamo e contro ogni logica, tornassero e si ripetessero. Se questo è sul piano del vissuto, del comportamento umano, comprensibile - chi è stato vincente, protagonista, perché non dovrebbe desiderare e aspirare a rivivere, ripetere, quanto è accaduto e si è verificato nel passato? - lo è meno su quello politico, e non ci porta certo ad essere lucidi nelle analisi e costruttivi nelle ipotesi sul futuro e per il superamento delle crisi che attraversano ogni epoca. Non mi ha mai appassionato il dibattito sulla fine o meno del sindacalismo confederale italiano, e tanto meno quello sulla nascita di una s9cietà "post-confederale". Nel medesimo di Carla Passalacqua tempo non mi sono mai ritrovata e non mi ritrovo tra quanti, e sono molti ancora oggi, pensano ininfluenti e non portatrici di crisi, nelle grandi organizzazioni di massa, le trasformazioni che la nostra società sta vivendo. Trasformazioni che come sappiamo hanno cambiato non solo l'economia, lo sviluppo, la realtà produttiva, ma anche e soprattutto i mondi vitali nei quali la gente vive e si ritrova, hanno fatto emergere nuove soggettività, coscienti ed orgogliose della propria differenza, identità, dei bisogni, delle tensioni e dei valori che esprimono e di cui sono portatrici. Queste trasformazioni, non solo per la dimensione che hanno, ma proprio per quello che sono sul piano qualitativo e di merito, provocano e mettono in discussione un certo tipo di sindacalismo confederale che si è costituito e consolidato in questo recente passato e che si è mosso su una frontiera politica solidaristica, avendo però, come referente privilegiato, come centralità, la classe operaia, espressa e rappresentata dall'operaio maschio della grande fabbrica del Nord. Quella frontiera e quella centralità hanno avuto valore e forza ieri e dobbiamo a quella scelta e a quel protagonismo la nascita e il determinarsi di una esperienza confederale che non ha eguali in altri paesi. Penso quindi che se il sindacalismo confederale vuole capire le difficoltà che gli stanno davanti, cambiare, ripensarsi, deve non rinnegare il passato, ma arricchirlo, riconoscendo, in primo luogo, i soggetti che vuole aggregare e rappresentare. Riconoscerli e legittimarli intanto e in primo luogo nella loro differenza di genere, nel non essere identità neutra, ma uomo e donna, differenza non come inciampo, ostacolo, problema, ma come valore da assumere come risorsa, opportunità, per la costruzione di un nuovo orizzonte confederale e quindi solidale. Riconoscerli e legittimarli nelle mol-

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