i)JJ, Bl.\~C:O ~11.nosso ■ iti#hld Madre "tedesca", madre "straniera" Propaganda eugenetica (1935). e settaria di movimenti vari, cobas e improvvisate formazioni corporative. Se ci si pone oggi il problema dell'unità, occorre francamente pensare ad una forma organica di rapporti. Non credo che si possa ripetere l'esperienza della federazione che già al suo sorgere 20 anni fa fu concepita come una formula provvisoria e che proprio perché non fu provvisoria finì col soccombere. Ma esistono oggi le condizioni per l'unità organica del movimento sindacale italiano? Io credo che, se come abbiamo sempre sostenuto, il maggiore ostacolo a questo obiettivo è costituito dalla inadeguatezza o dalla debolezza dell'autonomia del sindacato rispetto ai partiti e alle istituzioni politiche, in questa materia siano stati compiuti ulteriori significativi passi avanti, e ciò non perché i dirigenti e gli iscritti ai sindacati abbiano cessato di far vita politica, ma perché la presa dei partiti si è andata indebolendo nel corso degli anni. Quella distinzione così difficile e sofferta anche da me per tanti anni fra la consapevolezza della responsabilità sindacale di cui ero investito e una militanza politica anche essa pienamente vissuta è oggi più agevole, per effetto di dolorose scelte compiute e anche per merito di dirigenti sindacali che hanno saputo di volta in volta non esitare a far prevalere le buone ragioni del sindacato e della sua unità. So bene che il nodo dell'autonomia non è stato totalmente sciolto e che forse non lo sarà mai, ma so anche che la pressione morale e politica esercitata dai partiti sul - - - - movimento sindacale non è più così incombente come una volta anche per una evoluzione del modo di pensare e della sensibilità dei lavoratori, dei sindacalisti e anche dei dirigenti politici. Ecco perché io ritengo che, nelle condizioni attuali, dovrebbe essere possibile anche in Italia realizzare quella unità che in altri grandi paesi dell'Europa e negli Stati Uniti esiste da sempre senza che ciò precluda agli iscritti, ai sindacati e ai loro dirigenti di far parte di partiti sia di opposizione che di governo. In sostanza l'esempio tedesco, inglese, del nord Europa e degli Stati Uniti potrebbe oggi cominciare a valere anche per noi permettendo ai lavoratori italiani di crearsi finalmente una loro organizzazione unitaria. Non deve sfuggire però a nessuno il fatto che, soprattutto al momento della partenza, un processo ambizioso che punti sulla unificazione organica del mondo del lavoro ha bisogno di dirigenti fortemente convinti di una tale necessità, capaci di impegnarsi appassionatamente in una impresa sicuramente non facile e piena di conseguenze per l'insieme della vita sociale e politica in Italia. È evidente però che una condizione indispensabile per il successo della impresa è l'orientamento, la volontà della maggioranza dei lavoratori. Su questo punto continuo a pensare, come sempre, che il mondo del lavoro sia prevalentemente consapevole della necessità dell'unità, tanto da considerarla, per coloro che hanno vissuto i momenti più fervidi di comune -'9 partecipazione della vita sindacale, come una sorta di paradiso perduto. Non credo impossibile trovare le corde giuste per suscitare nella coscienza profonda dei lavoratori questa volontà di riunirsi, questa voglia di stare insieme, anche se le idee politiche sono diverse e le stesse scelte sindacali di quando in quando possono diversificarsi. Il vero problema è organizzare in modo intelligente la partecipazione, giacchè un sindacato unitario non può essere che una creatura voluta e decisa dai lavoratori. Penso dunque che in questo periodo della vita del nostro paese, nel quale il peso e purtroppo anche il prestigio delle forze politiche non sono certamente ai massimi livelli, sarebbe importante e forse più agevole per il movimento sindacale riaprire il discorso dell'unità e conquistare a questa idea la maggioranza dei lavoratori e della pubblica opinione. La società italiana è scossa oggi da tante incertezze e delusioni. Ridare fiducia ai lavoratori sulla possibilità di contare, di interpretare fedelmente la necessità storica da tanti sentita di procedere a mutamenti profondi, a riforme che affrontino con successo i grandi problemi della giustizia, dello sviluppo, della solidarietà, della crescita democratica è un grande compito, degno del mondo del lavoro che si innalzerebbe così a artefice primo del risanamento della nostra Repubblica. A chi come me è lontano ormai da anni dalle responsabilità del sindacato sia consentito di nutrire questa grande speranza.
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