tiamo con drammaticità in questi giorni, bisogna mutare l'intero impianto dei rapporti sociali, occorre fare pace nella pratica concreta dell'esistenza quotidiana, vanno smontati i meccanismi su cui si fondano i rapporti di dominio tra uomo e donna, tra economia ed ecologia, tra etnia ed etnia, tra sviluppo e sottosviluppo, vanno vinte le tendenze da parte dell'oppresso di imitare l'oppressore e gli atteggiamenti che portano ad affrontare le diversità con la contrapposizione. Realizzeremo la pace e la valorizzeremo e il rispetto delle differenze quando si acquisterà il concetto che "vittoria" non è la fine di un conflitto che crea vincitori e vinti, ma il passaggio dal dominio all'armonia. E il sindacato con il rapporto diretto con i lavoratori esercita un ruolo fondamentale nel produrre pace come presenza di giustizia, anche sociale, non solo come assenza di guerra. Ma può fare di più: la confederalità e l'unità possono tradurre i vincoli dati dalle "emergenze", politiche, ambieni.>!I• lllAl\CO l.XII.HOSSO 1111 #0111 tali, economiche, in potenzialità per una società più "pacificata". Fare un'analisi e delle proposte credibili sulla produzione di armi, entrare nel merito dello sviluppo delle tecnologie, modificare il meccanismo di calcolo del Pii, includendovi le risorse ambientali, non permettere che esistano rapporti di lavoro così diversi tra settori e settori, proporre una politica previdenziale più corrispondente alle necessità degli anziani e agli obblighi dei lavoratori occupati, articolare una politica dei tempi che interpreti le "nuove" soggettività femminili, promuovere un rapporto più serrato col sindacato europeo ai fini di concertare azioni unitarie nei confronti dei lavoratori immigrati, affrontare il problema della formazione legandola ad esperienze di cooperazione internazionale, volontariato sociale o formazione individuale che permetta di uscire, e poi di tornare, in "produzione", avendo sperimentato stili di vita diversi. Quanto lavoro per il sindacato! Rispetto ad un passato pure importante, in cui il sindacato ha lottato per il raggiungimento dell'uguaglianza e per il riconoscimento del mondo del lavoro, emerge oggi il bisogno di un sindacato che interpreti e rappresenti il diritto alla diversità tra lavoratori e lavoratori: donne e uomini, lavoratori di diverse culture sono soggetti che chiedono una nuova definizione della solidarietà e dell'"unità", un nuovo concetto di rappresentanza e di rappresentatività. Mi sembra difficile che i Cobas o le associazioni che si muovono con sempre maggiore aggressività a difesa e tutela del ''particolare'' possano dare risposte di senso alle diversità di cui ho parlato; la difficoltà esiste anche per il sindacato che non riesca a superare una federazione di diversi; ma la strada è invece aperta - da costruire - per un sindacato che sappia dia-logare confederalità e differenze, unità e solidarietà. Per questo motivo mi ostino a rimanere nel sindacato e a lavorare, "cercando di fare qualcosa, in cammino per un mondo nuovo". C'è bisogno di unità sindacale La rottura dell'unità sindacale avvenne il 14 luglio del 1948. 43 anni sono trascorsi da allora. Troppi! Devo dire sinceramente che nel momento della scissione non ebbi affatto comprensione delle sue possibili conseguenze. Del resto soltanto Di Vittorio, nell'esecutivo della Cgil del giorno dopo, polemizzò apertamente contro coloro i quali consideravano la rottura quasi come una liberazione, e me fra quelli, anche se con me parlò in privato. Di Vittorio fu facile profeta, perché dopo la scissione, per anni e anni, la Cgil dovette subire gli attacchi concendi Luciano Lama trici dalle tante parti che avevano lavorato per la scissione o che l'avevano desiderata. E così tutti i lavoratori italiani pagarono il prezzo di una scelta ispirata unicamente da ragioni politiche. Soltanto all'inizio degli anni '60 si cominciarono a ritessere i fili dell'unità che fu più solidamente acquisita all'inizio degli anni '70. Ma la storia ha dimostrato che anche quella unità, non realizzata organicamente se non attraverso una federazione delle tre Confederazioni, non poteva resistere alle prove dure alle quali di quando in quando il movimento operaio veniva sottoposto. E a poco a poco i legami federativi si allentarono fino ad essere sconvolti e recisi dalla vicenda della scala mobile. Il paziente lavoro dei dirigenti sindacali delle tre Confederazioni alla fine degli anni '80 ha ricostruito una sorta di unità di azione, senza ambizioni di carattere organizzativo stabile e bisogna dire che anche questa unità di azione non è stata inutile, se ha consentito di svolgere l'attività contrattuale nazionale e aziendale e se ha permesso, pur con difficoltà rilevanti, di combattere con successo l'azione scissionistica
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