so, sono i traguardi positivi e irrinunciabili che marcano queste nostre società complesse a spiegare, in larga misura, i fattori di crisi di identità, di valore, di senso che ci scuotono, la crescente soggettività, le nuove incertezze, inquietudini, aspirazioni, solitudini. È una constatazione importante per molte cose che ci riguardano. Essa spiega come mai, sempre più spesso, gli "ultimi", attraenti come un mito e a lungo identificati col lavoro subordinato e con quello operaio in specie, stanno fuori del "recinto" sindacale. Spiega quella frantumazione della solidarietà che ci riguarda in effetti a molti livelli (nei rapporti tra categorie e territori di una stessa confederazione, tra occupati e non, tra deboli e forti professionalmente, tra protetti o meno, tra attivi e pensionati...). Spiega le nostre difficoltà a tenere insieme i "primi" e gli "ultimi", il filo della coerenza tra interessi particolari ed interessi generali che è il tratto tendenziale e tipico della confederalità. Siamo così obbligati a "riposizionarci", a rigenerare incessantemente solidarietà, a giustificare l'esperienza sindacale con motivazioni e a livelli più alti e maturi. Gli altri fattori critici normalmente schematizzati (e cioè i processi di internazionalizzazione, la terziarizzazione spinta, le innovazioni tecnologiche e la riformulazione dei parametri organizzativi, della composizione e della cultura del lavoro, la crescita di domande di qualità della vita, più raffinate strategie imprenditoriali. ..) sono certamente significativi di una discontinuità, ma segnalano anche le potenzialità del sindacalismo confederale oggi. La sua "superiorità" non è dunque né scontata né garantita. È decisivo un nuovo punto di vista, etico e pratico. I lavoratori devono arricchire e condividere la propria cittadinanza nei luoghi di lavoro, nelle città, nell'economia, nelle istituzioni, nello stato sociale, trascinando, per così dire, un intero universo di esclusi. I maggiori gradi di libertà e di autodeterminazione personale e collettiva finalmente conquistati non sono un valore supremo, ma possibilità che attendono a loro volta fondamento etico, responsabilità e doveri e non soltanto espansione incrementale di diritti e prestazioni. La "libertà solidale" - ho detto all'ultimo Consiglio generale della Cisl - è la più alta delle ... i.).tJ, Bl.\'.'.:CO lXltROSSO iii•~ti i i ti Retata nazista (Amsterdam, agosto 1942). funzioni civili che il sindacalismo può mettere in cantiere per se stesso, per i lavoratori, per il paese. Essa riguarda molte cose: il nostro sviluppo economico, la dimensione internazionale del sindacalismo, la più compiuta costruzione della democrazia politica e l'avvio di una vera democrazia economica, lo stato sociale, la politica per gli anziani, gli immigrati, il riequilibrio territoriale, le stesse dinamiche e i contenuti della contrattazione, il conflitto. Sono perciò alla prova, in profondità, le nostre capacità di apertura culturale e, quindi, di ricentramento organizzativo. Se la prospettiva sommariamente accennata è valida, ci attende un impegnativo e serissimo lavoro. Quanto al modo di essere del sindacalismo, vale a dire autonomia, democrazia e pluralismo, non ci sono apologie più forti di quelle divulgate dalla storia. Sono marchi di fabbrica della Cisl, più attraenti di quanto immaginiamo, opzioni basilari per le quali intravediamo significativi arricchimenti. Tra questi le opportunità, le condizioni, l'urgenza di ritentare un cammino unitario. Tra le opportunità c'è, senza dubbio, il declino di antichi dualismi ideologici. All'attivo di tali opportunità indico anche il recente gesto della componente comunista della Cgil, l'auto dissolvimento, che pure ha le caratteristiche di un annuncio e di una libera ricerca, e del quale, certo, molto di essenziale resta da chiarire. Ma anche in questo caso occorre un "punto di vista", se cioè si debba o no aprire una linea di credito a nuove prospettive unitarie. Noi pensiamo di sì, realisticamente e prudentemente, perché siamo convinti che l'unità sia un valore ed un'attesa per tanta parte dei lavoratori italiani, che sia anche una oggettiva necessità. Abbiamo chiesto di aprire un dialogo e non dipende tutto da noi. Non ci sembra più a lungo tollerabile, in ogni caso, lo stato di vischiosità paludosa, defatigante e spesso inconcludente in cui da troppo tempo sono improntate le relazioni tra Confederazioni. Se non si ridarà prospettiva concreta al cammino unitario, e in tempi brevi, sarà meglio allora che ognuno giochi a tutto campo le proprie carte.
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