_L>!I. U \ :\CO lXII.HOSSO •h•#hhd Tre nodi: democrazia Sud e spesa pubblica Q uali sono le origini delle attuali difficoltà del sindacato? Il sindacato riflette le conseguenze delle profonde ristrutturazioni produttive e delle mutate condizioni dei lavoratori che si sono prodotte in questi anni. Si tratta di un processo iniziato da oltre un decennio i cui sbocchi restano, in gran parte, da comprendere e valutare. Ciò in riferimento agli obiettivi strategici del sindacato e ai parametri ai quali rapportare le modalità di aggregazione, organizzazione e rappresentanza dei lavoratori. Certo, i problemi sono molteplici e si pongono su piani diversi. Evito di proposito la dizione "crisi del sindacato" perché esso è abusato e rischia di far sorgere equivoci. Le difficoltà del sindacato modificano, anche sensibilmente, le sue politiche sociali, ma non ne hanno intaccato la forza. Il sindacato resta, oggi ancor più che in passato, una struttura portante della nostra società. Basta riflettere su quali politiche redistributive sarebbero possibili senza il ruolo protagonista del sindacato. Un ritorno agli anni '50, ma anche a quelli '60 e '70, è oggi improponibile. Quel modello è superato perché è cambiata la società e sono cambiati gli interessi dei lavoratori. 2) Quali sono le attuali difficoltà del sindacato? Credo che le difficoltà del sindacato riguardino tre versanti strategici. Il primo è il progressivo logoramento della sua natura associativa. Il processo, per alcuni versi inevitabile, di istituzionalizzazione. Nel modo in cui esso si è realizzato, ha portato a una minore di Giovanni Bianchi partecipazione dal basso che poteva essere evitabile. C'è un calo delle motivazioni: non tanto quelle economiche, quanto quelle ideali. Il sindacato si è in tal modo caratterizzato come un soggetto di riequilibrio dei rapporti di potere, mentre resta una delle strutture fondamentali della democrazia del nostro paese. Il rischio è di vivere il sindacato solo come una struttura formale, come parte dell'amministrazione pubblica, come un grande servizio collettivo. Il secondo versante riguarda un progressivo processo di corporativizzazione che finisce, di fatto, con il tutelare le fasce forti del mercato e rappresentare male quelle deboli. L'ultimo contratto dei metalmeccanici è sintomatico di questa particolare tendenza evidenziando che, fuori dal mito, ci sono ancora situazioni oggettive di sperequazioni salariali, appena intaccate da una lunga stagione di lotte che ci ha riportato indietro di alcuni decenni. Purtroppo non si sono però ricostituite le condizioni per far crescere un movimento attorno a obiettivi generali. D'altra parte la concorrenza della miriade di sindacati autonomi non consente certo di ridurre l'attenzione agli interessi settoriali. Il sindacato finisce così per caratterizzarsi come l'organizzazione che rappresenta i 2/3 della società e media tra i grandi egoismi organizzativi. Qui sta la sua forza, ma anche il suo limite e la ragione profonda dell'appannarsi del progetto generale. Cito solo alcuni punti. Il primo è la questione meridionale, sulla quale il sindacato rischia di essere gestore marginale di risorse parassitarie. Siamo ben lontani dalle grandi lotte per il Mezzogiorno degli anni '70. C'è infine il versante delle difficoltà che il sindacato "importa" dalla società. Mi riferisco alle minori motivazioni etiche e alla carenza di esperienze associative con cui i lavoratori oggi arrivano al sindacato e si inseriscono nelle sue strutture. Proprio mentre la maggior complessità dei problemi richiederebbe alti livelli di partecipazione e una solida formazione per orientare le scelte rivendicative e le azioni di lotta agli interessi generali, il sindacato si trova a dover scegliere tra due prospettive entrambe assai rischiose: da un lato quella dell'assemblearismo e di generici referendum esposti ai pericoli della demagogia e del populismo; dall'altro lato l'affidarsi al protagonismo di dirigenti ed operatori che faticano a cogliere, guidare e rappresentare le istanze della base, finendo spesso, seppure involontariamente, con il diventare un ostacolo all'autorganizzazione dei lavoratori. 11sindacato paga così la sua crescente caratterizzazione come soggetto istituzionale della politica italiana e i minori rapporti con l'associazionismo e i mondi vitali della società civile. A questo riguardo la rincorsa a rispondere ai bisogni che i lavoratori avvertono nel complesso dei loro ambiti di vita, salvaguardia sicuramente l'entità organizzativa del sindacato, ma modifica ulteriormente il suo ruolo. 3) Quali possibilità intravede per la ripresa dell'azione sindacale? Le possibilità di una diversa stagione sindacale mi sembrano muoversi oggi in una duplice direzione. La prima consiste in una ripresa della cultura organizzativa e contrattuale per ridare al sindacato la capacità di essere espres-
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