Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 14 - marzo 1991

--- _l)-lJ. BIANCO u_u.nosso Mi•iil•ii JUDENTRANSPOARUTSDENNIEDERLANDE-NLAGERWESTERBOU Raeftling!, 301 .IIEngers Isidor - ✓;0.4. 93- Kau.fmann 302 Il Engers Leonard 15.6. 20• Lamdarbeiter }03Y Franco Ma.nfred • V1. 5. 05- Verleger 304. Frank Arthur 22.a. a1 Kaufmann 30 • Frank X Isa.a.e ✓ 2 • 11 .a Installateur ran Margot 2 ohne ;07. Frank: v Otto 89 Kaufmann }08 .v Frank-Hollaender Edith 00 oh.n.-e 309. Frank Anneliese 2 ohne • v. re.no ara - 02- Typietin 311. Fra.nken Rozanne. 16. 5. 96- Landarbeiter 312 •., Franken-Weyand Johanna 24.12.96 .. Landbauer 313. Franken Rermann- ~12. 5. 34 ohne Una lista degli ebrei deportati ad Auschwitz con l'ultimo treno partito da Westerbork. quant'altro. Per quanto simili argomenti possano risultare in sè fondati, in alcun modo essi possono rendere meno colpevole il gesto dell'Irak. E se - come è del tutto evidente - altre violazioni del diritto internazionale sono state commesse o sono ancora in atto, si dovrà chiedere contro di esse la medesima capacità di condanna che si deve chiedere contro l'Irak, mentre non si potrà utilizzarle, come ha fatto Saddam Hussein, a propria discolpa. Resta peraltro da stabilire se il ricorso alla guerra sia la legittima, regolata e proporzionata sanzione che la comunità mondiale deve irrogare all'Irak. Su questo versante la discussione è aperta ed è difficile produrre certezze. Almeno due appaiono essere i punti deboli, sul piano della legittimità, della posizione alleata nel Golfo Persico. Il primo concerne la titolarità dell'atto di forza, che non dovrebbe essere di una sola o di un gruppo di nazioni, ma della comunità internazionale in quanto tale: e tutti sappiamo che gli eserciti e le flotte che bombardano l'lrak battono bandiere nazionali e non quella delleNazioni Unite. D'altro canto, è anche vero che le nazioni alleate contro l'lrak hanno ottenuto dall'Onu una sorta di mandato ad assistere il Kuwait in quella che è certamente un'operazione di legittima difesa. Non siamo quindi ancora in presenza di quella "autorità internazionale competente, munita di forze efficaci", che il Concilio auspica, anche se qualche passo in avanti in questa direzione la gestione di questa crisi l'ha fatto registrare. Ma in ogni caso, l'azione di guerra rientra certa13 mente in quella ipotesi subordinata di legittimità che pure il documento conciliare riconosce. È tuttavia soprattutto un secondo aspetto che appare problematico, quello della proporzionalità dell'intervento sanzionatorio alla gravità del danno arrecato dal colpevole: una guerra che infligga pesanti perdite alla popolazione irachena può ancora ritenersi un atto di legittima difesa, o non rischia di sconfinare in quella indiscriminata "distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti" che sempre la "Gaudium et spes", al n. 80, definisce un "delitto contro Dio e contro la stessa umanità"? In altri termini, l'uso della forza contro un aggressore, per essere legittimo deve anche essere proporzionato: la legittimità di un atto di forza non può infatti stabilirsi solo a partire dall'etica dei principi e delle intenzioni, ma anche tenendo conto dell'etica dei risultati: sarebbe infatti mostruoso per punire un crimine commetterne uno peggiore. Su questo aspetto non solo si può discutere, ma si deve soprattutto vigilare. Chi ha in mano le sorti della guerra deve infatti avvertire la presenza di un'opinione pubblica adulta, che non può tollerare che un'azione legittima si rovesci in una criminosa. Essere "operatori di pace'' può insomma voler dire anche fare qualche petizione di principio (sbagliata e superficiale) in meno e qualche buona battaglia concreta in più, per il diritto all'informazione, contro gli abusi di guerra, a favore dell'utilizzo indefesso di tutte le vie diplomatiche per risolvere la questione evitando il prolungarsi della guerra.

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