Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 12/13 - gen./feb. 1991

.i>ll. UIANCO '-Xli. nos.so iii•iil•ii La situazione dovrebbe migliorare? «Si, perché si prevede un consistente aumento dell'organico. Oggi siamo circa a 30.500 agenti, dovrebbero diventare 40.000 in breve tempo. Ma il miglioramento della situazione dipenderà anche da altri fattori. Il Corpo di Polizia penitenziaria assumerà gradualmente nuovi compiti, come il piantonamento dei detenuti ammalati in ospedale e la traduzione da un carcere all'altro o dal carcere nelle aule dei tribunali. Erano compiti finora svolti dai carabinieri e dalla Polizia ... ». In questo contesto di difficoltà, ma anche di rinnovamento, qual'è stata l'esperienza della applicazione della "legge Gozzini", e delle discussioni attuali, vista da voi, dall'interno delle carceri? «In sostanza non ci sono stati episodi preoccupanti. Dal momento in cui la legge è stata messa in discussione, in pubblico e sugli organi di stampa, noi abbiamo avuto manifestazioni di detenuti, ma assolutamente pacifiche, che sono consistite in alcuni scioperi della fame o nella pubblicazione di alcuni documenti, molto civili e molto ragionevoli. Noi, quindi, non abbiamo avuto ragioni di preoccupazione o di allarme. D'altra parte mi sembra di poter dire che in tutto questo dibattito, nessuno abbia messo in discussione l'ispirazione e i principi della legge di riforma. Si è soltanto posto un problema specifico, che nasceva da fatti reali, giacché si erano verificati alcuni casi negativi. Questo bisogna ammetterlo». Ma a quanto pare i casi negativi, che hanno fatto discutere, non venivano dall'applicazione della legge Gozzini ... «Alcuni no. E questo va detto come chiarimento preliminare. Quando per esempio si parla di una scarcerazione per "decorrenza dei termini", come nel caso dei 14 mafiosi di Torino, la Gozzini non c'entra nulla. E quando si tratta degli "arresti domiciliari" dati ad un terrorista condannato per omicidio, ciò non ha a che vedere neppure con la legge di riforma. Alla legge, in realtà, si possono riferire solo alcuni casi. Li ho contati: in quattro anni, quelli più clamorosi, sono stati sette o otto, relativi a dodici o quattordici detenuti. Si tratta di detenuti particolarmente pericolosi, cui onestamente i benefici non avrebbero dovuto essere concessi. Invece sono stati concessi, e questi sono scappati, e poi qualcuno di loro ha I x commesso altri delitti. .. Io comprendo che l'opinione pubblica sia rimasta turbata, e giustamente, da questi fatti, e dico che è doverosa ed elementare la solidarietà per le vittime di questi ulteriori atti di violenza, ma non mi pare che il punto essenziale sia questo. Il punto essenziale è che la legge di riforma è stata una legge molto positiva, che ha migliorato le condizioni delle nostre carceri, ci ha dato un sistema penitenziario molto civile, ci ha messi all'avanguardia nel mondo. Essa va difesa, va salvata, e non deve essere messa in discussione. L'inconveniente è venuto da alcune applicazioni della legge. Una legge buona può anche essere, talora, applicata male. Qui è il punto, e mi pare sia sostenuto in pieno anche dal dibattito parlamentare in corso: salvare la legge, sia quella di riforma che la cosiddetta "Gozzini", e correggere dove occorre la sua applicazione». A questo proposito qualcuno pensa che una delle cause della cattiva applicazione si stata una certa discrezionalità lasciata al singolo giudice,chequindi è solodi fronteal detenuto che chiede i benefici. Quanto più questi è pericoloso, tanto più può intimorire il giudice perché gli conceda ciò che chiede ... «Le rispondo con franchezza. Su un piano teorico non si può escludere che ambienti criminali esercitino pressioni. Ma io sono profondamente convinto che la assoluta generalità dei magistrati e degli operatori penitenziari non è influenzata da tali pressioni, e da tali minacce. Se queste ci sono, - e certo non sono diffuse come si può credere - , riguardano solo determinate situazioni, ma sono del tutto inefficaci. Certamente non sono una realtà piacevole, perché nessuno vuole essere minacciato ... E direi di più: se da un detenuto vengono delle minacce, allora quello è certamente un detenuto che non ha diritto ai benefici, perché ancora legato alla mentalità e agli ambienti criminali». Ma allora da dove sono nati gli inconvenienti? «Mi pare che ciò che è mancato, e che è il principale correttivo da apportare, è l'avvertenza che, quando si tratta di un detenuto che ha commesso un delitto particolarmente grave, che mostra un suo collegamento con la criminalità organizzata (commercio organizzato di droga, sequestri di persona, terrorismo ... ),

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==