B _Q.tJ, Hl.\~CO l.Xll,BOSSO ii•IIO IIM~i#ui 1!4tiM I Progressismocattolico e riformismosocialista: un conflitto inevitabile? di Adriano Ossicini S iamo arrivati in una fase di così profonda trasformazione non solo nella politica internazionale ma della politica in generale, con la irreversibile crisi di ideologie che si erano solidificate per una serie di decenni e che avevano in qualche modo innervato la dialettica politica. Siamo andati oltretutto avanti con terminologie di tipo ottocentesco sulle quali fra l'altro si erano stabilite delle rendite di posizione: rivoluzionario e riformismo, progressista e conservatore, laico e non laico, di sinistra e non, etc. etc. Ora, ripeto, questi termini vanno rianalizzati a livello della crisi di tutte le ideologie, delle profonde trasformazioni politiche e comunque non ci sono più rendite di posizione ma certe qualifiche bisogna acquisirle sul campo. La crisi delle ideologie è stata indubbiamente un fenomeno liberante, ma stiamo correndo un grave rischio che questa crisi porti all'appiattimento della politica sul puro pragmatismo. La politica non è una pura tecnica perché serve a costruire una società a misura d'uomo che ha indubbie basi economiche ma che ha dei codici morali ed è costruita su dei valori. Le ideologie in qualche modo integralisticamente contenevano dei valori. Deve cadere l'uso integralistico dei valori che è l'ideologia ma i valori vanno salvati, altrimenti non si fa veramente politica. Questo per me è particolarmente importante perché essendo stato spinto a fare politica da una ispirazione cristiana, pur avendo sempre cercato di non usare in modo integralistico tale motivazione, ho dovuto comunque fare sempre i conti con tale motivazione. Sono stati conti molti difficili, almeno sul piano personale, quelli di un cristiano non democristiano che per decenni spesso in solitudine ha nei suoi limiti combattuto una battaglia per la laicità della politica, contro una unità dei cattolici usata in termini strumentali e a favore di un pluralismo, che prima di essere un dovere di laicità, era un riconoscimento di una libertà religiosa e morale. La parola progressismo cattolico mi ha però spesso preoccupato perché si sposava a note di populismo e a non trascurabili elementi di integralismo. Un cattolico certo può, anzi, secondo me dovrebbe, essere progressista in quanto il progresso è liberazione e lotta per costruire una società sempre più a misura d'uomo. Ma dubito che esista o che per lo meno oggi si possa parlare di un vero e proprio progressismo cattolico, mi pare invece si debba parlare di uno spazio di azione di cattolici progressisti. Giovanni Spadolini, in una prefazione ad una lunga intervista fattami da un allievo di Bobbio sulla mia testimonianza politica, mi definisce un giacobino cattolico. La cosa potrebbe lusingarmi visto che il giacobinismo è legato ad una grande rivoluzione che i cattolici bano capito in ritardo. Ma voglio fare due precisazioni: primo, non si è giacobini cattolici ma eventualmente cattolici giacobini, come non si è giornalisti cattolici ma cattolici giornalisti, etc. In secondo luogo il termine «giacobino» va storicizzato e visto comunque oggi in rapporto alla ... Vandea che abbiamo di fronte! Stiamo perdendo il senso della storia che non ammette né trasposizioni né rotture meccaniche. Anche la psicologia insegna che ci si trasforma insieme alle proprie radici. lo certo sono un cattolico democratico e come tale ho fatto delle esperienze abbastanza significative dai tempi entusiasmanti della Sinistra cristiana fino all'attuale mia collocazione nella Sinistra Indipendente. Credo che certe posizioni che ho assunto si possano anche inqua-
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