{)Jt BIANCO l.XltllOSSO ii•IIDl•Mi-i#frllt4[1Mi propedeutica al socialismo: che prepara, costruisce, forma energie e coscienze, e poi si suicida. Col rischio di scivolare in una facile semplificazione potrei aggiungere che un terzo elemento, determinante, ha fatto la storia del movimento cattolico: il disciplinamento politico ecclesiastico. Esso è passato attraverso varie fasi: direttiva dopo lo scioglimento del tentativo murziano, dell'autonomia parziale all'epoca del Partito popolare, del soffocamento al momento del fascismo vincente, del difficile riequilibrio con l'avvento della Democrazia cristiana, fino all'attuale pratica subalternità ecclesiastica al sistema democristiano. La «volontà normante» di parte della gerarchia ecclesiastica dei cittadini cattolici, nell'ambito civile, è senza dubbio un fattore da tener in considerazione, e da riportare senza drammi a «problema», domandandosi se risponda a finalità legittime, ma allora su quali piani e con che peso sul piano politicopartitico di una sola parte, o non soltanto a meccanismi condizionati e abitudinari di conservazione. Il fattore «disciplinamento ecclesiastico», non va per nulla confuso con un altro fattore, essenziale e ad esso «polare, relativo all'impegno dei cattolici in politica. Lo definirei il/attore finalistico-testimoniale. Esso è elemento insostituibile e irriducibile di ogni singolo credente in politica: attiene infatti alla sua precomprensione delle coordinate storiche (e tra queste delle coordinate ecclesiali) e al proprio Genova. Comizio alla Mensa dell'Ansaldo. 1950. • 77 ·- ---- - --- -- coinvolgimento testimoniale nella storia in quanto credente. Questo fattore è emerso alla mia attenzione con tutta chiarezza ed evidenza in una recente ricerca comparata dei presupposti culturali propri a tre posizioni, distinte e diverse, di «sinistra cattolica» tra resistenza e dopoguerra: i cristiani-sociali, i cattolicicomunisti, i dossettiani. In ciascuno dei protagonisti da me esaminati, Gerardo Bruni, Felice Balbo, Franco Rodano, Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, valeva come «primus movens», a livello di intima coscienza e convinzione personale, un'ipotesi e scommessa, su chiesa, società, forze politiche e futuro storico. Può cadere, come cade, anzi come è già in gran parte caduto, il momento ideologico dell'impegno storico-politico, potrà cadere, auspicabilmente, il fattore ecclesiastico normante quale residuo di vecchie «supplenze».Mai cadrà negli spiriti credenti più vivi e sensibili quell'intimo fattore movente l'animo cristiano verso la storia e la responsabilità pubblica. In cui tutto è relazionato: il senso e mistero della chiesa, il senso e le motivazioni della politica come servizio, la lettura della società e del mondo attuale e, infine, non tanto il peso ma la volontà di mettere se stessi in gioco per gli altri. Quel desiderio di dare il proprio contributo «carnalmente» nell'edificazione della «città armoniosa», per dirla con Charles Pegny. Questa dimensione, che ho chiamato finalistico-testimoniale, si oppone ab origine
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