i.>11. IJI.\\ICO l.Xll.llOSSO Q■Qnl I •§# 111 '''""' de organizzazione può sottrarsi-, di stabilire con chiarezza inequivocabile l'identità del rappresentato e quella del rappresentante. I modi per realizzare tale obiettivo sono molti. Ma, prima ancora di cercare la soluzione tecnica adeguata, occorre sciogliere un nodo di principio: quello che vede tuttora il sindacato italiano diviso tra quanti si cullano nel1'onda dei movimenti (salvo poi, come di fatto avviene, imprimere ad essi una guida oligarchica) e quanti si preoccupano piuttosto e soltanto di garantire la coesione organizzativa, la stabilità della rappresentanza, la continuità dei processi negoziali. Non sarebbe certamente utile una soluzione che, come quella, veramente sorpassata, del famoso e fortunatamente inattuato art. 39 della nostra Costituzione, riconoscesse dignità di ruolo solo ai lavoratori iscritti al sindacato. Ma neppure si potrebbe ragionevolmente ritener possibile una diluizione della rappresentanza sindacale nel fluido di un voto soggetto a variazioni anche umorali, e tale da impedire l'esercizio del mandato con la necessaria stabilità. 8. Il secondo problema nell'ordine di lista, e che poi è strettamente allacciato al primo, è dato dalla ben accertata necessità di cambiare le rappresentanze nel luogo di lavoro. I consigli di fabbrica hanno costituito una stagione di rinnovamento, e il tentativo operato da una certa sinistra di trasformarli in tempio mistico per l'esercizio del culto operaista non ne ha deformato il carattere di genuine ed unitarie rappresentanze. Ma essi hanno fatto il loro tempo, o quanto meno hanno fatto il loro tempo sia la versione originariamente spontaneista, non regolata da statuti né da contratti, sia le precarie procedure, a cui sono stati affidati nel prosieguo di tempo, in perdurante mancanza di un contesto normativo certo. Questo è anzi il campo in cui occorrono con maggiorre urgenza regole nuove e chiare. La rappresentanza nei luoghi di lavoro è la struttura costitutiva di ogni esperienza sindacale, ed è l'istituzione a cui gli stessi lavoratori sono più disposti ad attribuir credito. E vien naturale a tal proposito chiedere un esame di coscienza a tutti i nostri dirigenti e militanti, ponendo l'imbarazzante questione del come e perché l'elaborazione di nuovi modelli rappresentativi a tale livello appare ancor proiettata in un incerto futuro. -. 72 . - - --- - - -- - -- 9. E solo poche parole vorrei dedicare alla vecchia e consunta alternativa tra legge e contrattazione. Perché, come è stato confermato dalla recentissima esperienza della legge sullo sciopero nei servizi essenziali, tale contrasto non esiste nella natura delle cose, ma è piuttosto l'onda lunga o il trascinamento di una scelta di principio che, ragionevole quando venne proposta, ha perso oggi quasi del tutto la sua presa. Gli eventi hanno provato, e ne abbiamo dato ampia illustrazione, che la rappresentanza per autolegittimazione, ossia per dominio di fatto delle entità confederali storiche, non regge ormai all'urto di forti contestazioni. In queste condizioni, come fu nel 1969, occorre tornare alla fortunata formula della legislazione di sostegno. I testi giacciono già in Parlamento. La discussione di essi tra gli esperti del mondo sindacale è da tempo avviata. Il tempo per un confronto tra parlamento e sindacato è maturo. E d'altra parte non va dimenticato che oggi la contrattazione nel pubblico impiego ha acquistato una centralità, per certi versi patologica, ma comunque reale. E tale contrattazione ha già un suo quadro legale rigido, che anzi presenta vistosissime crepe: che forse e senza forse andrebbe modificato nel modo più radicale, consistente, come è stato sensibilmente avvertito e proposto dalle confederazioni, nella transizione della più larga parte del pubblico impiego dentro il regime privatistico. 10. Ma i temi indicati costituiscono solo i presupposti e le fondamenta della Riforma delle relazioni sindacali. Poste le quali, ricostruita cioè la certezza della rappresentanza a tutti i livelli, questa deve proporsi lo sviluppo di una rete di relazioni adeguata alle nuove condizioni e ai nuovi bisogni. E qui occorre guardarsi dalle impostazioni riduttive. Il problema che si porrà con le trattative di giugno, posto che ad esse si arrivi, non è solo quello della riforma salariale e, nell'ambito di questa, di una riduzione ulteriore alla copertura della scala mobile: che anzi, dopo la riforma del 1986, si presenta così modesta da consentire ben pochi (a mio parere: nessuno) margini di cambiamento sostanziale. Gli argomenti da affrontare, pur sempre nell'ambito della ridefinizione della cornice generale della contrattazione, sono ben altri, e vanno dalla redistribuzione dei livelli, alla piena valorizzazione delle istituzioni bilaterali, specie in materia di formazione professionale
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