B .PJJ. BIANCO '-Xli.BOSSO iiiii 1i1iM 1•1it4tiMI Una nuova costituzione delle relazioni sindacali di Gino Giugni 1. Il sistema italiano è chiamato a dare il suo contributo alla Grande Riforma. E come e in parallelo con il sistema politico, sulla sua quota di riforma si gioca le proprie capacità di sopravvivenza come protagonista nei rapporti sociali. Anche questa Riforma, come l'altra, consiste di un profondo mutamento delle regole del gioco dirette a governare il sistema delle relazioni industriali. E la domanda per tale innovazione nasce dal grande mutamento in atto delle strutture produttive e dell 'organizzazione del lavoro, nonché dalla crisi delle ideologie che hanno prima allevato e nutrito un movimento sindacale non ancora in grado di camminare da solo, ma poi ne hanno reso difficile ed esitante il cammino verso l'autonomia. E se vi sono momenti in cui i fattori di crisi si concentrano in una grave situazione congiunturale, l'attuale stallo dei rinnovi contrattuali, paragonabile a quello del 1982 ne è sintomo eloquente. È vero: si tratta di una paralisi dovuta in gran parte ad una scelta strategica del fronte imprenditoriale. Ma essa avrebbe caratteri di diversa gravità, se non si innestasse su fattori più profondi, e se non incombesse il rischio che essa vanifichi la prospettiva stessa di una riforma a breve scadenza. 2. Un'occhiata retrospettiva è a questo punto necessaria. Il governo delle relazioni sindacali, nei decenni che hanno seguito la Liberazione, è stato assicurato dal controllo di fatto, vera e propria egemonia, delle tre grandi conf ederazioni. Da esse, in una prima fase in accanita concorrenza, e dopo in una convergenza che giunse alle soglie dell'unità organica, dipendeva la scansione dei processi di contrattazione, il coordinamento strategico, un minimo di regole di rispetto per l'utenza nei conflitti. Fu così governato il grande processo di trasfor- --- - -- - - -- - -- - - - (11) mazione che segnò definitivamente l'ingresso dell'Italia nel novero delle potenze industriali: una Cgil con profonde radici nel mondo contadino ed oscillante tra la disciplina stalinista e l'antica vocazione anarchica con le sue forti radici proprio nel Mezzogiorno contadino; una Cisl più rapida a cogliere i segni della mutazione in atto, ma essa stessa in forte tensione con le varie espressioni del mondo cattolico, dalla gerarchia ecclesiastica al partito cristiano; una Uil attraversata dai conflitti interni ai partiti del ceppo socialista e socialdemocratico: tutte queste forze insieme generavano un sistema in apparenza ingovernabile e destinato ad una conflittualità esasperata - come fu e restò per lungo tempo, per fare un parallelo, quello operante in Francia. Ed invece, il calabrone si mostrò capace di volare, la giraffa di camminare. E da un sindacato costruito come cinghia di trasmissione - la dottrina leninista peraltro ripudiata già dai tempi di Novella e di Santi; da un altro che attingeva nuovi quadri dall'ambiente delle parrocchie e dal clima di estraneità al mondo moderno che vi regnava; e infine da un altro sindacato, più occidentale nei valori, ma alquanto arretrato sul piano culturale e ritenuto poco affidabile per un eccesso di pratica a basso profilo: da questi presupposti, tutt'altro che promettenti, si sviluppò un'esperienza di riformismo sindacale, praticato anche quando non professato, che si accompagnò agli anni del miracolo economico, e riuscì anche, sia pure con enormi difficoltà, cedimenti, concessioni ad attraversare le acque turbolenti del decennio '70, quando ebbe indulgente ospitalità la concezione destabilizzante della conflittualità permanente. L'autentico capolavoro venne prodotto nell'autunno caldo, quando forti energie contestative, dirette in un primo tempo contro il sindacato, furono arruolate
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