Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 12/13 - gen./feb. 1991

i,)JJ, HI.\NCO l.X11,nosso P•dU 1•14i#ui lf4r,M i scambio che sembrava consolidata, quella operante nel settore pubblico fra bassi salari ed alta protezione normativa. Ma gli indicatori che più colpiscono sono quelli che hanno a che fare con le logiche di regolazione. È proprio su queste logiche che si approfondisce ancora di più il dualismo. Pensiamo alla dinamica salariale: totalmente «volontaristica» nei settori pubblici, in qualche modo ancorata a variabili macro-economiche nei settori privati. Ma pensiamo anche ai tipi di retribuzione, agli aspetti qualitativi: diffusione di varie modalità di salario variabile nei settori privati, mantenimento vigoroso delle retribuzioni fisse (o falsamente variabili) nei settori pubblici. Per non parlare della mobilità: ormai praticata nel privato, ingessata, o macchinosa, o impossibile nel pubblico. Per finire con quelle che sono forse le differenze più imporanti, quelle nel campo contrattuale: nel pubblico opera una contrattazione senza processo negoziale ma con l'invadenza di altre logiche di rappresentanza (politica soprattutto). La contrattazione deve continuamente competere con gli atti autoritativi. Nei casi in cui sembravano aprirsi le condizioni per una più completa affermazione della contrattazione, si è assistito piuttosto ad un peculiare sovrapporsi delle logiche regolative, contratto e status giuridico. Il paradosso finale riguarda l'applicazione e la validità dei contratti. Nella logica di regolazione «contrattuale» del pubblico impiego i conflitti maggiori non avvengono per la stipula del contratto, ma per la sua applicazione. I conflitti in uscita, per così dire, sono maggiori di quelli in entrata: un vero successo sul piano dell'efficienza regolativa, non c'è che dire! Possibili ipotesi di superamento Per il superamento di questo dualismo, occorre procedere in termini concreti. Le linee sembrerebbero ormai chiare, occorre solo iniziare, dichiarandosi pronti ad affrontare alcuni problemi probabili sul piano della rappresentanza. Andrebbero innanzitutto riproposte delle politiche di regolazione salariale, senza tali politiche è illusorio pensare di superare qualsiasi dualismo. E quale criteri per il settore pubblico? Uno, molto semplice almeno a dirsi: l'ancoramento alla dinamica salariale privata, industriale soprattutto. Un ancoramento che in qualche modo garantisca una dinamica fondata sulla produttività media del sistema. E poi andrebbe realizzata una agenzia negoziale tecnica per il. pubblico impiego, una agenzia che risponda agli organismi di governo, ma che abbia ampia autonomia nella conduzione del processo negoziale, sia pure con l'apporto consultivo degli organi istituzionali di controllo. L'individuazione di criteri di fondo per la politica salariale e la creazione di una «controparte» negoziale costituiscono le premesse per l'avvio, graduale fin che si vuole, della contrattualizzazione del rapporto di lavoro e dell'abbandono della regolazione attraverso lo status giuridico. Non viceversa: senza criteri retributivi e senza attori adatti è impossibile por mano ad un serio processo contrattuale. A questo avvio accompagnarsi e seguire i provvedimenti riguardanti la dirigenza pubblica. Una dirigenza sulla cui natura mista, di natura «privata» e del tipo beamte, si potrebbero ritrovare la linea guida della trasformazione. Un piccolo, forse solo simbolico, apporto i sindacati confederali potrebbero comunque fornirlo fin da domani: rifiutando la affiliazione sindacale dei dirigenti pubblici. Un elemento di chiarezza che potrebbe consistere in qualcosa di più di un semplice fatto estetico. Il decentramento delle responsabilità di gestione potrebbe costituire il punto finale del processo, abbinato ad una intensificazione delle politiche delle risorse umane ed ad una diffusione, ove possibile, delle retribuzioni legate ai risultati, ad ogni livello amministrativo. Su questo cammino il gradualismo è non solo auspicabile ma necessario. Non si parli più di riforma della pubblica amministrazione, ma solo di un processo coerente di mutamento. Ed anche la coerenza è necessaria, specie per sconfiggere i richiami eccessivi alla privatizzazione, che continueranno a fare sentire, non sempre a torto, le loro sirene. Le confederazioni, il sindacalismo confederale sapranno procedere con determinazione verso questo superamento del dualismo? Sapranno richiedere con coerenza i mutamenti necessari. Forse si, ma ad una condizione, l'unità. Nessuna confederazione deve poter pensare di approfittare delle difficoltà di rappresentanza dell'altra, difficoltà che saranno probabilmente in aumento nel breve periodo. Ma se il sindacalismo confederale ha una sua razionalità sociale da proporre non esistono altre strade.

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