i.)JJ, HI..\NCO l.XII, HOSSO il•il 11 i1NitiitAtiiji tazioni di equità retributiva. Può mirare a perseguire qualcosa che si avvicina alla razionalità sociale, in opposizione al gioco perverso delle tante e incontrollate razionalità individuali. Non solo, nel momento nel quale il sindacalismo invita o richiede l'azione di solidarietà, fornisce agli aderenti la «garanzia» che questa stessa azione non sarà sconfitta dal comportamento di quanti sono disponibili ad accettare la solidarietà degli altri, ma renitenti a praticare la propria. Certamente il sindacalismo confederale necessita, per la sua affermazione e per rendere concreti i criteri sopra esposti, di condizioni istituzionali adeguate. Cioè di un insieme di regole, di procedure, di natura legislativa o contrattuale, che rendano difficile l'espressione di gruppi particolaristici. Quei gruppi che, o per le ridotte dimensioni organizzative o per la posizione di protezione goduta dagli effetti del mercato, possono sentirsi al riparo dalle conseguenze delle proprie azioni. Fra le condizioni istituzionali, vanno ricordate quelle che assicurano una omogeneità di fondo nella regolazione del lavoro dipendente, in qualunque settore esso sia occupato. Sarà lo stesso sindacalismo confederale ad assicurare nel tempo il mantenimento di tale omogeneità (entro giudizi condivisi di equità di retribuzione e di trattamento complessivo), ma tale omogeneità di fondo rappresenta una condizione necessaria per la piena affermazione dei suoi caratteri tipici. Sulle «regole del gioco», in termini generali, si sono già soffermati, molto autorevolmente, altri prima di me. Le omogeneità di regolazione Avanzerò invece qualche riflessione sul tema delle omogeneità di regolazione. In effetti, nelle relazioni sindacali italiane si è ormai andato consolidando un vero e proprio dualismo fra i settori privati ed il settore pubblico. Un dualismo che in parte si sovrappone a quello, ben noto, fra settori «protetti» o meno dalla concorrenza, internazionale soprattutto. Tuttavia questo secondo dualismo si scontrerà rapidamente con gli effetti della integrazione comunitaria. Solo indiretti saranno invece gli effetti di questa sulla prima forma di dualismo. Il dualismo pubblico/privato, non identifica solo delle differenze sensibili di «trattamento», richiama soprattutto la presenza di diverse, quasi alternative, logiche di regolazione. È questa faccia ad incidere maggiormente sulle : 66 nostre relazioni sindacali. Tale dualismo costituisce, nel medio periodo, una ragione di crisi, di declino, del sindacalismo confederale. Il superamento, graduale fin che si vuole, del dualismo rappresenta un cammino necessario per il rafforzamento di tale sindacalismo. Un superamento del dualismo fra i due settori, è auspicabile non solo seguendo le argomentazioni degli economisti, per i quali è sempre meglio che per un solo bene (ad esempio la competenza manageriale o le abilità tecnicoprof essionali) esista un solo mercato e, ottimalmente, un solo prezzo. Ma anche dal punto di vista più specifico delle relazioni industriali. Un dualismo accentuato conduce infatti al consolidarsi di due principi di regolazione, il mercato e la concorrenza nei settori privati (industriali ma non solo), la «politica» (o i suoi derivati) nei settori pubblici. Questo secondo principio, se non adeguatamente compensato da logiche di produttività ed efficienza, specie di fronte alle nuove esigenze della competizione comunitaria, potrebbe essere sconfitto da tendenze eccessive verso la privatizzazione. Un provvedimento che, al di là dei suoi significati ideologici o etici, non conduce in modo necessario al miglioramento della efficienza dei servizi e delle amministrazioni pubbliche. Ma il dualismo non è male per il sindacalismo confederale solo perché lascia spazio agli attori «particolaristici», lo è anche perché indebolisce le ragioni di convenienza nella affiliazione al sindacalismo confederale o le ragioni di identificazione in esso. Nei lavoratori pubblici, attratti o dal «particolarismo» o dalla logica, e dai vantaggi, della rappresentanza clientelare-verticale. Se si vuole, consapevoli della inutilità di un sindacalismo contrattuale e solidarista in un gioco di relazioni poco negoziale e del tutto particolare. Ma le regioni di affiliazione e di identificazione si indeboliscono anche nei lavoratori dei settori privati, di quelli industriali specialmente. Lavoratori del settore privato che vedono sia una mancata corrispondenza, una assenza di reciprocità alla loro «responsabilità», sia il diffondersi di diffuse situazioni di ingiustizia, retributiva ma non solo. Una via di superamento del dualismo ha un precedente di portata certo più modesta, ma non irrilevante. Il superamento delle divisioni operai-impiegati compiuto nel decennio sessanta-settanta. Il sindacalismo confederale nell'esperienza italiana ha potuto affermarsi
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