Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 12/13 - gen./feb. 1991

{)jJ. BIA:\/CO lXn.nosso PifiUIIM#tit•itAtiMI cietà, come onnipotenti, o troppo potenti nella cosiddetta occupazione del potere. È chiaro che a questo punto la gente si chiede perché e a quale titolo lo Stato siano loro. Non se lo chiedeva nel '44 e nel '45 perché l'azienda del gas e del latte fossero gestite dai partiti; se lo chiede ora. Se lo chiede ora perché non vede più la ragione legittimante. 6. Le istituzioni malate. Una volta venute meno le ragioni dell'epopea dei partiti, perché una società industriale avanzata funzioni occorre - in Italia non meno che altrove - che ci sia uno Stato, che ci siano delle istituzioni dotate di autorità democratica e non interamente dipendenti da quella, divenuta strutturalmente debole, dei partiti (pigliatutto). Questa diagnosi, che alcuni di noi fecero già negli anni '70, è rimasta per molto tempo nel1'ombra perché, per tutto il decennio che abbiamo attraversato, il discorso che si è fatto è stato di diverso tenore: ma ci sono tali e tante difficoltà di funzionamento degli apparati istituzionali che, in fondo, lo Stato non c'è o non riesce a funzionare perché ci sono questi ostacoli, perché il governo è organizzato per feudi, perché in Parlamento non c'è il contingentamento dei tempi e c'è troppo voto segreto e troppo poco voto palese. Tutte cose vere, queste ostruzioni c'erano e il decennio che abbiamo passato lo abbiamo, in fondo, utilmente passato a rimuoverle, cercando di dare al governo un assetto più organico, di introdurre il contingentamento dei tempi in Parlamento, di dare ai parlamentari la responsabilità del voto palese. Grazie a queste cose è vero che, in qualche modo, oggi tutto funziona meglio. Tutto funziona meglio, ma tutto funziona peggio. Tutto funziona meglio perché abbiamo rimosso le occlusioni nei canali istituzionali, ma, rimosse le occlusioni che impedivano alla volontà politica di passare, ci siamo accorti che questa non passava egualmente perché si stava e si sta essa stessa affievolendo. Abbiamo potato e risistemato i rami dell'albero istituzionale, ma erano minate e malate le radici, le radici del consenso e del rapporto con la collettività popolare. 7. Le riforme che occorrono. Se questa è e torna ad essere la diagnosi, ciò di cui abbiamo bisogno è dare allo Stato quella autorità democratica che, fino ad ora, non ha avuto in via diretta, ma ha avuto esclusiva- : 62 mente se e nella misura in cui i partiti sono stati in grado di dargliela. Esso inoltre deve diventare fonte e luogo di esercizio di quella responsabilità verso la collettività che sino ad oggi ha avuto, se e nella misura in cui i partiti sono stati capaci di essere responsabili. Si tratta insomma di costruire un rapporto che sia fatto allo stesso tempo di investitura dalla collettività popolare verso le istituzioni e di responsabilità delle istituzioni verso la collettività. Non ha niente a che fare con l'autoritarismo chiedere che le istituzioni abbiano autorità democratica; ha a che fare piuttosto con la responsabilità, che è cosa tutt'affatto diversa dall'autoritarismo, ed è qui che avvertiamo il peso e l'incidenza di una campagna che viene fatta, viene fatta da anni e viene fatta tuttora da coloro che, rappresentando un sistema ormai marcio di forza partitica, lo vogliono difendere e lo vogliono mantenere com'è. - L'elezione diretta del Presidente Ma passiamo alle riforme che occorrono. Nei rami alti del sistema, se la diagnosi che ho fatto è corretta, non c'è altra soluzione se non l'elezione diretta di chi governa da parte del corpo elettorale; e ciò può ben valere, oltre che per i rami alti dello Stato, per quelli della Regione e del Comune. Per quanto riguarda lo Stato, la preferenza mia, e dei socialisti, per l'elezione, non del primo ministro, ma di un capo dello Stato munito di poteri di governo secondo il modello francese, nasce dalla consapevolezza che abbiamo della necessità di mantenere, pur nel cambiamento, degli equilibri essenziali, e di mantenere, in particolare, l'equilibrio tra Governo e Parlamento, di cui la democrazia italiana ha bisogno. L'elezione diretta del Presidente del Consiglio, ci riflettano bene coloro che l'hanno proposta, determina uno squilibrio talmente forte a favore dell'esecutivo e a danno del Parlamento (non a caso il modello ispiratore è il modello inglese) da mettere a repentaglio caratteristiche che è pericoloso mettere a repentaglio; tanto da passare dalla sfera della responsabilità alla sfera dell'autoritarismo che è cosa diversa e che va tenuta molto distinta. Netta è l'opposizione nei confronti di chi vuole risolvere il problema con sistemi elettorali maggioritari o intesi comunque a favorire le coalizioni. E la ragione sta proprio in tutto ciò che ho detto sinora: i sistemi elettorali che favoriscono le coalizioni tengono in piedi quel presupposto partitico che oggi la collettività

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