e sottrarre è aflar vostro'. Presto detto; ma se risulta zero dopo le premesse bisogna dire agli operai: 'Andate via, o contentatevi di meno, o morite'. I più umani dissero: 'Chi sta male passi in altro paese'. Ma quell'operaio non ha una patria, dove memorie, relazioni, parenti, affetti? Poi per partire colla famiglia ha mezzi l'operaio? Sa se nel nuovo paese starà meno male? Le società imprenditrici non ebbero viscere pel povero; calcolarono di smerciare il più che potessero, e in conseguenza di fabbricare col minor costo, e perciò pagare l'operaio il meno che si potesse; ridurlo al puro necessario per lui e la famiglia; poi cercare che s'accontentasse di men del necessario; e perciò adoprare i fanciulli e, ch'è orribile, le ragazze. L'uomo che non abbia neppur pane bastante lavorerà per qualunque prezzo. Il salario non sarà più misurato sui reali bisogni dell'operaio e neppure sulla sua o abilità o probità. La macchina dispensa dall'avere abilità; alla probità supplisce la vigilanza. Ecco dunque l'operaio non più sorvegliato né assistito; isolato, in arbitrio degli intraprenditori e de' capitalisti, ridotto al minimo guadagno; ma neppur di questo è sicuro, giacché l'arenamento degli affari e sino il capriccio del padrone può gettarlo sul lastrico, anche prima che sopraggiungano una infermità e la vecchiaia. L'industriale indipendente, per quanto sia sottile, può ingegnarsi a migliorar condizione: ma v'ha paesi ove il giornaliero riceve un salario così limitato che non farà tutta la vita se non lavorare pel capitalista, il quale lo sfrutta come un complemento delle macchine; e dove, senza speranza di migliorare, non può che mangiar pane e veleno, mormorare della società, sbigottirsi della famiglia, disamare i padroni, invidiare i capitalisti, cercare qualche svago alla bettola o in soddisfazioni istintive, e dopo una vita penosa e abietta, appena conoscendo la non meno abietta moglie, le sciupate figliuole, finire all'ospedale. [... ] Filosofi, statisti, economisti sentimentali avevano fantasticato fin a dichiarare ingiustizia sociale la disuguaglianza delle ricchezze: de' mali inerenti all'umanità dando la colpa alle istituzioni civili, alle leggi, ai ricchi, ai po- ()JlBIANCO O(ltROSSO •HHiii•Miii condo un ordine ideale, più abbagliante perché indeterminato, ove, cessati i mali e le inquietudini, si rendesse più rapido il progresso, accertata la felicità, estinta la povertà mediante la benevolenza universale e il retribuire ciascuno secondo le sue opere. Per applicare le loro teorie bisognerà voltare a capopiede tutta la società; eppure, non basterebbe ancora; bisognerebbe cambiare anche l'uomo, togliergli dalla coscienza la giustizia antica, dall'intelletto le antiche verità, per surrogarvi un diritto nuovo, una nuova logica, repugnante alla coscienza del genere umano. Gli operai, di cui essi adulavano le aspirazioni, ne ghermirono alcuni assiomi, e vollero applicarli immediatamente secondo la passione. Allo scoppio della rivoluzione di Parigi nel 1848 insorsero, dicendo che, come nel 1789 la classe media erasi elevata a paro de' nobili che fin allora avevano predominato, così adesso gli operai doveano eguagliarsi ai fabbricanti, divenir partecipi dei guadagni e delle speculazioni. E spinsero il Governo di Francia a istituire opifizi nazionali, dove ognuno potesse andar a lavorare e ricevervi una mercede, non proporzionata alla sua abilità e al suo lavoro, ma a' suoi ·~ no d l&vo phi proliéuo, pi-ù tenti, volevano rimpastare il mondo se- Predappio. Operai della Caproni. 1940. bisogni. Fu come un dire ai laboriosi, 'Arrapinatevi di mazza e stanga accionché gli scansafatica possano mangiare de' vostri guadagni'. Questi in fatto disertarono le officine, e accorsero a Parigi, sicché milioni e milioni bisognarono per mantenerli. E il lavoro? poco o nulla ci pensavano: non erano pagati egualmente? Divertivansi dunque a ciaramellare di politica, a far combriccole, e presto afferrarono il fucile per abbattere i governanti e i soldati, distruggere le fabbriche dove ancora sudavano gli onesti operai, minacciare di saccheggio, di sangue, d'incendio i quieti cittadini, che si videro costretti puntare anch'essi il fucile per tutelare ciascuno la propria famiglia. A ciò recava l'aver voluto intromettere il Governo fra il capitale e il lavoro, fra l'imprenditore e l'operaio. Quel che a Parigi, era avvenuto anche in altre regioni di grosse manifatture; sicché dappertutto bisognò la forza contro uomini, divenuti selvaggi e feroci in nome della fraternità». «È dunque disperata per noi?» prorompevamo a questa lugubre dipintura. E il Rossi: «Di fatto alcuni, sbigottiti dagli eccessi del 48 e dalle conseguenze di quelle predicazioni, credettero
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==