partito. L'impressione è che rassomiglia molto a qualcosa deforme, senza capo e senza coda. I suoi veri capi, Sali Berisha (medico personale di Hoxha per molti anni), Gramoe Pashko (professore all'università e figlio di due ministri del regime), Mitro Cala (giornalista che per alcuni anni ha lavorato al1'Istituto di Studi marxisti-leninisti diretto dalla vedova di Hoxha) hanno tutti la tessera del partito comunista in tasca. Ma, nonostante le voci che girano, è poco probabile che siano degli infiltrati messi in testa al nuovo partito dallo stesso Alia. Ma, a causa del loro passato, si è propizi a pensare che abbiamo a che fare con arrivisti senza scrupoli, con forte senso dell'avventura, che hanno colto al volo l'occasione per salire sul carro da vincitore che gli studenti avevano offerto con la loro rivolta. Dall'altra parte, i capi del nuovo partito, secondo l'opinione di molti in- {)JLBIANCO '-XILROSSO i li•B1141IOiitiMIIU tellettuali albanesi e degli stranieri che li hanno contattati in questi giorni, non hanno la capacità per mandare avanti con dignità e serietà la causa della vera democrazia in Albania. Ma, per fortuna del popolo albanese, loro non sono i soli intellettuali del paese. Ci sono anche altri, più capaci e onesti, come ci sono anche altri che non sono del tutto senza macchia, ma che hanno almeno la capacità giusta per fare gli uomini di stato. In un secondo tempo, quando si convinceranno che Alia combatterà con mezzi polizieschi contro gli altri partiti, queste due categorie di intellettuali si faranno senz'altro avanti e prenderanno in mano le redini del nuovo partito. I capi incompetenti e molto compromessi col vecchio regime, la comprensibile mancanza delle strutture e del1'organizzazione ed il programma molto confuso, fanno nascere il dubbio che il Partito Democratico sia una creatura debole e delicata. Ma non è così. Anzi, il partito in un certo senso è troppo forte. E questo per una semplice ragione. La gente se ne frega quasi del suo programma e anche del suo nome. Gli basta soltanto il fatto che ora esiste anche un altro partito e che questo partito non porta il nome comunista. Perché il nome del comunismo, in Albania, non vuol sentirlo più nessuno. Anche in anni recenti, specie quando con le paure che la parola comunismo incuteva alla gente, molte personalità italiane ripetevano regolarmente ad ogni campagna elettorale lo slogan «Tappate il naso e votate democristiano!». È probabilissimo che la stessa situazione si ripeterà anche in Albania: la maggioranza della gente si tapperà il naso, ma voterà Partito Democratico. L'Albania di fronte all'Europa S u mandato della Commissione Politica del Parlamento Europeo mi sono recato in Albania per sondare la situazione politica e le possibilità di relazioni tra quel paese e la Comunità europea. Ho avuto la fortuna di visitare l'Albania proprio nei giorni ~ruciali (11-17 dicembre 1990) che hanno segnato la rottura col vecchio regime, pur senza provocarne immediatamente il crollo. E sono tornato convinto che l'Europa, ed in particolare l'Italia, abbia un debito col popolo albanese che ora bisogna cominciare a pagare senza indugio. Per una settimana ho potuto vivere di Alexander Langer i giorni più emozionanti di questa incipiente democratizzazione dal basso. Ho seguito dal vivo le due grandi assemblee studentesche di Tirana dell' 11 e 12 dicembre (con rispettivamente 20.000 e 70-80.000 partecipanti), la formazione del nuovo «partito democratico» e qualche discussione sulla costruzione di altre formazioni politiche (di matrice democratico-cristiana, di ispirazione ecologista, ed altri), la ripresa della vita religiosa (una messa a Skutari con 7-8.000 persone, altre manifestazioni di fede cattolica, musulmana ed ortodossa), le reazioni alle manifestazioni, talvolta violente, in 6-7 differenti città.dell'Albania, e le ripercussioni di tutte queste scosse sulle autorità albanesi. Come primo riassunto si può dire questo: un fiume si è aperto un varco, e non può più essere ricacciato indietro; lo spettro della Romania è ben presente a tutti, e tutti lo vogliono evitare; tutti in Albania - il governo come l'opposizione - guardano all'Europa e vogliono uscire dall'isolamento; il presidente Ramiz Alia dovrà probabilmente - un po' come Gorbaciov - guidare ancora per un certo tempo lo Stato e tentare di avviare una transizione la meno traumatica possibile; dalla
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